Dopo l’elezione di Sergio Mattarella alla Presidenza della Repubblica, sono stati molti i riferimenti dei media al sacrificio del fratello Piersanti, Presidente della Regione Siciliana ucciso dalla mafia nel giorno dell'Epifania 1980. La sua morte ha spinto lo schivo docente universitario Sergio Mattarella a mettere in secondo piano la carriera accademica e ad avvicinarsi alla politica. Nella famiglia Mattarella la politica era però di casa. Il presidente Sergio e Piersanti sono figli di uno dei personaggi che hanno segnato la vita politica siciliana per buona parte del XX secolo: Bernardo Mattarella.

Per dare un’idea del ruolo svolto da Mattarella padre (1905-1971) nella ricostruzione della vita democratica nel paese basterebbe ricordare un episodio. Bernardo fu uno dei primi, nel settembre del 1943, a riallacciare contatti epistolari con don Luigi Sturzo, fondatore del Partito Popolare e riferimento per i tanti cattolici italiani impegnati in politica. Sturzo si trovava negli Stati Uniti, dove si era ritirato a causa dei contrasti con il regime fascista. Dal suo esilio però il sacerdote siciliano aveva mantenuto rapporti con alcuni amici fidati in Italia, e subito dopo la caduta del Fascismo riallacciò i contatti con gli esponenti popolari non compromessi con il regime.

Tra loro Bernardo Mattarella. Sin da giovanissimo aveva iniziato la militanza nelle fila del Partito Popolare, continuata fino alle sospensioni delle libertà politiche. Durante la dittatura si laureò in Giurisprudenza e mantenne un atteggiamento distaccato rispetto al regime, rimanendo attivo nell’ambito dell’associazionismo cattolico che continuava a rappresentare un riferimento per molti ex popolari.

Con la ripresa della vita politica democratica, sin dal settembre 1943, il padre dell’attuale Presidente della Repubblica emerse come uno dei fondatori della Democrazia Cristiana in Sicilia. Fu attivo anche nel campo del giornalismo, prima fondando e dirigendo negli anni ’40 il periodico “Popolo e libertà”, e in seguito fondando insieme ad altri un nuovo periodico di ispirazione democristiana, “La Sicilia del popolo” che raccolse una serie di giovani giornalisti che si affacciavano alla democrazia dopo la parentesi della dittatura (Capo redattore era Salvatore "Totò" Riotta, il padre di Gianni).

Il “salto” nella politica nazionale nel 1944, con la nomina a sottosegretario alla Pubblica Istruzione nei due governi Bonomi sotto l’egida del Comitato di Liberazione Nazionale. Eletto all’Assemblea Costituente nel 1946 e nominato più volte ministro nei successivi governi a guida democristiana, attraversò da protagonista i primi 25 anni della Repubblica di cui il figlio sarebbe diventato Presidente.

Non mancarono le critiche in merito a presunti rapporti con esponenti mafiosi, come comune nella polemica politica di allora come di oggi, ma nessuna è mai stata provata, rimanendo nel novero dello scontro dialettico meno nobile. Chi affronta infatti gli scritti di Bernando Mattarella osserva diffusa la chiara condanna del fenomeno mafioso, che pervadeva recidivo in quel periodo la vita politica della regione Sicilia.