Il convulso Spirito del Tempo presente fa scambiare due righe su una banale guida turistica americana, a proposito di Disneyland e Biancaneve, con il rogo dei libri degli studenti nazisti Deutsche Studentenschaft a Berlino 1933, porta l’illustre critico Alberto Asor Rosa a condannare “come gesto di idiozia” la storica contestazione ai monumenti coloniali da parte del Black Lives Matter, proprio lui, autore nel 1965 del saggio “Scrittori e popolo” intento a scardinare i miti borghesi in politica e cultura, e non fa comprendere a compunti elzeviristi nostrani come, per una casa editrice americana, non pubblicare il libro di un presunto stupratore seriale come Blake Baileynon sia “censura aggravata”, ma libera scelta editoriale (lo pubblicheranno altri, per esempio in Italia Einaudi, etichetta di sinistra). In questo provinciale clima italiano di ostilità al futuro, il presidente del Consiglio Mario Draghi resta impermeabile alla moda parruccona imperante, e riesce così a comprendere davvero, in solitaria, cosa il presidente americano Joe Biden intenda, parlando di vaccini Covid-19 e brevetti.

La cancelliera tedesca Angela Merkel, preoccupata per la rimonta elettorale dei Verdi di Annalena Baerbock, in sintonia con la Casa Bianca e disposti a ridiscutere le regole dei vaccini, si trincera rapida con le case farmaceutiche sotto casa, l’occhio stavolta più ai voti dei conservatori bavaresi che leggono la Bild, che alla pandemia globale. E in Francia, il presidente Emmanuel Macron, che sente sul collo il fiato nazionalista della Marine Le Pen al prossimo voto per l’Eliseo, fulmina Biden in difesa del copyright vaccini, accusando cultura e paesi “del blocco anglosassone” con il piglio del generale De Gaulle che inveisce contro il comando unificato Nato nel 1958, immemore del tempo giovanile passato come banchiere influente da Rothschild.

Per comprendere cosa abbia detto, o non detto, Biden, e quale sia la posta in gioco sui brevetti dei vaccini contro il Covid, Pfizer, Moderna, AstraZeneca, Johnson&Johnson, il lettore deve dimettere la postura da derby culturale in voga, “Hanno censurato Via col Ventooo Ragaaa!”, ragionando di geopolitica, economia, epidemia, roba poco liquidabile con i Like su Facebook. A parlare per la Casa Bianca, in verità, è stata la nuova Rappresentante per il Commercio dell’amministrazione, Katherine Tai. La Tai, laureata ad Harvard, avvocato internazionale, tecnocrate che sa esprimersi in perfetto cinese, non è certo una militante da picchetti no global in strada, e la sua dichiarazione, se letta con cura e non attraverso gli slogan twitter, è ben diversa: il presidente Biden, ha detto, “crede con forza” nella protezione dei brevetti, ma al tempo stesso è disponibile a discutere delle regole vigenti per i vaccini Covid-19, perché viviamo “in una crisi della salute pubblica mondiale, e l’emergenza straordinaria della pandemia Covid ci chiama tutti a misure straordinarie”.

All’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO), due paesi colpiti duramenti dall’epidemia, India e Sud Africa, hanno proposto, seguiti da altre sessanta nazioni, di sospendere temporaneamente i brevetti sui vaccini, per permettere la produzione di “copycat”, copie, in grado di contenere l’epidemia, incoraggiati dalla nuova leader del WTO, Ngozi Okonjo-Iweala e dal direttore della World Health Organization Tedros Adhanom Ghebreyesus.

Ascoltate con serenità delle parole della Tai, poi giudicatele come volete: gli Stati Uniti “parteciperanno attivamente” ad ogni negoziato con la WTO, per decidere insieme su un eventuale testo dei “waiver”, permessi di sospensione pro tempore dei brevetti, ma le discussioni richiederanno molto tempo, per la complessità di produrre i vaccini, specie quelli di nuovo tipo mRna. “Mentre la riserva di vaccini per gli americani si va assicurando - ha sostenuto Tai - l’amministrazione Biden continuerà ad aumentare gli sforzi, insieme alle industrie private e a tutti i partner, per espandere produzione e distribuzione dei farmaci”. Insomma, nessun “Un, due, tre Liberi tutti” come insieme, precipitosamente, concludono i blog catastrofisti e una Borsa dalla facile crisi di nervi, presto superata. La notizia non è “Biden cancella i brevetti gasp!”, ma “Biden è disposto alla trattativa sui waiver, conscio della tragedia Covid, ma anche delle difficoltà di produrre in proprio i vaccini”. Fa meno effetto, ma è più importante, perché la prima sarebbe una gradassata senza effetto alcuno, questa apre un processo storico importante.

La tecnologia della manifattura vaccinale è talmente complessa, infatti, che gli addetti ai lavori devono spesso essere addestrati ad hoc da zero, pur avendo alle spalle anni di lavoro, gli errori sono molto facili, scatenando malattie e vittime. Un semplice disguido in uno stabilimento ha reso inutilizzabili 15 milioni di preziosissime dosi singole Johnson&Johnson, sarebbero bastate a vaccinare un quarto degli italiani, e in laboratori non allestiti in ogni dettaglio, incidenti di questo tipo sarebbero all’ordine del giorno. Chi difende i brevetti, e qui passiamo dall’altra parte della barricata dello Spirito del Tempo fazioso ovunque, non è di per sé fosco nemico del popolo, cieco alla strage dei poveri del Covid, ma guarda alla straordinaria prova della scienza e dell’industria farmaceutica, capace, in pochi mesi, di salvare centinaia di milioni di esseri umani da malattia e morte. La guerra santa Vaccini Liberi contro Copyright Vaccini offre una pletora di echi sui social media, ma non serve a nessuno e non riproduce in alcun modo la realtà in corso. Ogni dose di vaccino contiene centinaia di componenti, spesso prodotte in paesi e laboratori lontani, sottoposti a leggi e dazi che richiedono il vaglio di stuoli di avvocati, non se ne improvvisa il lancio nei flaconi in modo artigianale, come biscotti della nonna.

Chi si accontenta dell’ennesima Batracomiomachia Pro&Contro si accomodi nella rissa in corso sulle prime pagine, chi invece, cosciente dell’emergenza che viviamo, vuol formarsi una propria opinione serena, badi ai fatti. Biden sa che il presidente russo Vladimir Vladimirovic Putin e il presidente cinese Xi Jinping hanno fatto gran diplomazia strategica sui loro vaccini, pur controversi nella comunità internazionale e poco diffusi. Non vuole far passare gli Stati Uniti d’America per l’arcigna potenza che, vaccinati con successo i propri cittadini mentre ancora gli europei si dibattono in una lenta campagna, con l’eccezione della Gran Bretagna di Boris Johnson, si dimentica degli altri.

Biden non è diventato anticapitalista a 78 anni d’emblée , come i focosi leader repubblicani, nostalgici di Donald Trump, argomentano, non nazionalizzerà l’industria farmaceutica USA mandando la National Guard ai cancelli con la bandiera rossa, vuol solo tendere la mano ai paesi bisognosi di aiuto, dando sostanza alla sua promessa elettorale “America is back”. Trovare una via d’uscita razionale ai blocchi produttivi, senza danneggiare i brand ma non lasciando i dannati della terra senza speranza.

Dimostrando fiuto politico, il premier Mario Draghi si dissocia, senza strappi diplomatici, da Parigi e Berlino, come dagli impacciati silenzi di Bruxelles, e assume una posizione non dissonante da Washington, discutere sui vaccini è lecito. Ecco cosa dice Draghi, leggendo risentite la stessa direzione della Tai: “Siamo di fronte a un evento unico: milioni di persone che non sono in condizione di acquistare i vaccini stanno morendo. Le case farmaceutiche hanno ricevuto finanziamenti enormi dai governi, e a questo punto ci sarebbe quasi da aspettarsi che ne restituissero almeno una parte a chi ha bisogno. Persone che conoscono bene la materia mi dicono che una misura temporanea e ben congegnata non rappresenterebbe un disincentivo per l’industria farmaceutica. Ci sono tuttavia due ulteriori problemi che dovranno essere affrontati affinché la proposta si possa considerare realistica: la sicurezza della produzione e l’incredibile complessità del processo produttivo. Come europei non possiamo ignorare questo problema. Sappiamo che le risorse finanziarie non sono e non saranno mai sufficienti. Ma il grido risuona”. Non “apertura”, dunque, ma ragionare insieme alle case farmaceutiche e ai paesi, per evitare egoismi e pericoli nella produzione.

Una prova ulteriore dell’armonia tra Draghi e Biden viene dal recente summit G7, quando diplomatici internazionali hanno notato come, dopo i primi convenevoli, il presidente Biden abbia sospeso il suo video durante i vari interventi, come tanti di noi fanno nei meeting di lavoro, ma non appena ha preso la parola Draghi sia riapparso in diretta, offrendo al primo ministro italiano un assist di prestigio. Draghi è consapevole di questa stima e sintonia e non intende disperderla: spesso ha proposto all’Italia di ritrovare “il senso del futuro” e, appena cinque anni più giovane di Biden, comprende come solo scommettere sul futuro ci salverà.

Confesso: avendo coperto da reporter, le prime, maldestre, campagne presidenziali di Joe Biden, 1988 e 2008, avendolo visto arrivare a sorpresa alla Casa Bianca con la durissima corsa 2020 culminata nel sacco terrorista del Campidoglio del 6 gennaio scorso, mai mi sarei aspettato di vederlo affrontare con tal cipiglio i primi 100 giorni. E la sua nuova politica economica, che ribalta una generazione di status quo a Washington cancellando anche i paradigmi circospetti dei presidenti democratici Bill Clinton e Barack Obama, stupisce gli osservatori più attenti. Un piano economico che, naturalmente, già mobilita le tribù Pro&Contro nella solita jihad senza senso, ma che merita di esser discusso presto per le sue radicali conseguenze, sull’America e sul mondo. Trump aveva torto, Sleepy Joe, così lo irrideva Pisolo Joe, sembra, finora, ben sveglio.