Non credo che l’ex presidente Obama, e il suo arguto intervistatore per la Bbc Principe Harry, ragionando di informazione e politica online abbiano letto il cruciale saggio della filosofa italiana Franca D’Agostini a proposito di «Universalità dei diritti e concetto di verità». A unire chiacchierata tra Barack e Harry e fascicolo de «Biblioteca della Libertà», da popolarizzare oltre l’accademia, è la riflessione su politica e media nell’era che lo studioso Luciano Floridi chiama «dell’informazione», dominata dall’«infosfera» e dai social media.

Secondo Obama, che non nomina Donald Trump ma lo critica tra le righe, «Noi leader dobbiamo trovare strade giuste per ricreare spazi condivisi su internet. Uno dei pericoli online è che la gente crei per se stessa realtà parallele, uniche, finendo incapsulata su informazioni omologate, rinchiusa nei pregiudizi di partenza. Non è facile essere crudeli e fastidiosi di persona come online, nascosti dall’anonimato«. D’Agostini ha dedicato al tema tre saggi, «Disavventure della verità», «Verità avvelenata» e «Introduzione alla verità», che dovrebbero essere distribuiti ai giornalisti, in Parlamento e nelle scuole, perché «diritto alla verità», e sue violazioni, fake news, caso Regeni, trolls del Cremlino, sono decisivi nelle democrazie dei dati. 

Obama incalza: «Come imbrigliare le nuove tecnologie per garantire voci diverse e molteplici punti di vista, senza balcanizzare le nostre società, ritrovando e migliorando spazi comuni?». Con l’ex presidente e il principe se lo chiede l’Unione Europea, la Commissaria Gabriel ha appena nominato un gruppo di esperti sul tema, ma la D’Agostini ammonisce tutti: regolamentare Vero e Falso è arduo. Al recente seminario World Economic Forum, a Dubai, una docente di giornalismo di Singapore, non aveva dubbi «Il governo decida per editto quali sono le notizie vere, da diffondere, e le false, da censurare», ma in democrazia, grazie al cielo, il Ministero della Verità non esiste. È invece giusto contrastare la cyberwar, guerra nell’informazione, come l’Fbi che ha appena riconosciuto in una falsa giovane blogger,«Alice Donovan», un troll anonimo, prezzolato dal Cremlino per seminare zizzania filo Trump. Fonti politiche o di lobby che spacciano notizie false vanno identificate, i siti, come i giornali, devono avere proprietà e bilanci trasparenti, ma il malessere denunciato ora da Obama non si batte solo con regole e leggi, come quella tedesca anti fake news. Serve una nuova consapevolezza che D’Agostini definisce «diritto aletico», cioè il riconoscimento universale, nell’epoca social media, del «diritto alla verità», non norma stabilita per legge ma coscienza da condividere e acquisire. 

Non si tratta di un problema tecnologico, ennesima scusa per affibbiare una marca da bollo anti Google o Facebook, si deve ripartire dal nesso tra «verità e realtà» discusso già da Platone nel «Cratilo» e da Aristotele nella «Metafisica», ma smarrito su vaccini, scie chimiche, Brexit, banche, Var e scettici postmoderni: «La ricerca della verità sotto un certo aspetto è difficile, sotto un altro è facile. Una prova di ciò sta nel fatto che è impossibile a un uomo conoscere in modo adeguato la verità, e che è altrettanto impossibile non conoscerla del tutto».  

Una società aperta si avvizzisce senza verità, mentre dittatori e populisti prosperano con le menzogne su scala industriale. Oggi Trump è maestro, via tweet, nel confermare le opinioni della base, senza dubbi o confronti. Obama scopre invece, troppo tardi, il problema e se il principe Harry non fosse il simpatico che è, la domanda da fare all’ex presidente era: «Quando hai saputo, estate 2016, che la Russia aveva lanciato una campagna formidabile di disinformazione online per danneggiare Clinton, perché hai taciuto, ledendo il “diritto alla verità” dei tuoi cittadini?».