WikiLeaks ha annunciato, con orgoglio su Twitter, che Marine Le Pen, aspirante Presidente francese, ha chiesto di bloccare l’adesione di Parigi al trattato sui commerci Ttip, caro al presidente Obama, in rappresaglia per lo spionaggio Usa ai danni del suo Paese.

Nella calda estate 2015 i politici son lesti a strumentalizzare i problemi per una manciata di clic, spettatori nei talk show e, in prospettiva, voti ma spargere veleno su una vicenda così delicata è rischioso per i francesi. Si segna un punto di propaganda, ma si danneggiano alleanze ed istituzioni che in Europa, con a Sud il fondamentalismo islamico e a Est Putin, sarebbero da salvaguardare.

Per Barack Obama e la Casa Bianca è l’ennesima, imbarazzante, débâcle subita dal fronte composito degli Assange, WikiLeaks, Manning, Snowden e Greenwald che, ormai da anni, tormenta con successo l’intelligence di Washington. Obama s’era già dovuto scusare con la cancelliera tedesca Merkel e la presidente brasiliana Rousseff per la foga degli intercettatori legati alla Nsa e allo studio dei metadati web e telefonici, ora affiorano intercettazioni sui cellulari del presidente François Hollande e del suo irrefrenabile predecessore, l’ex presidente Sarkozy. Che hanno, come spesso in questi casi, toni tragicomici (Sarkozy si ritiene «unico leader al mondo capace di risolvere la crisi internazionale»…) ma che minano il rapporto strategico tra Casa Bianca ed Eliseo, dall’Africa all’Asia.

Le Pen affonda i colpi, nella tradizione di grandeur del generale De Gaulle che ritirò le sue forze armate dalla Nato con il presidente Johnson che gli chiese «Vuole che ritiriamo anche i soldati americani caduti dai vostri cimiteri di guerra?». Le Pen, incurante della Storia, afferma «Gli Stati Uniti non sono per la Francia né amici, né alleati». In ogni Paese europeo, Grecia e Italia inclusi, non solo in Francia, i populisti hanno una voglia matta di flirtare con Putin contro Europa e America «dei banchieri».

La riforma dell’Nsa
I lettori devono orientarsi in una difficilissima materia dove, come è ovvio quando si scontrano le intelligence, ogni apparenza è falsità, ogni menzogna nasconde elementi di realtà. Le rivelazioni via via partite dall’ex soldato Bradley Manning, noto con la mutata identità sessuale di Chelsea Manning, e poi corroborate dall’ex consulente Nsa Edward Snowden, hanno esposto un eccessivo programma di collezione dati Usa, coperto dai protocolli segreti dell’11 settembre 2001. Magistratura e politica Usa stanno adesso eliminando gli elementi anticostituzionali del piano, che il presidente premio Nobel Obama difende, considerandolo cruciale contro il terrorismo.

I dossier però imbarazzano sempre, a senso unico, la Casa Bianca, aizzando l’opinione pubblica in Paesi amici, Brasile, Germania, Francia, senza che mai dai milioni di files sottratti da Snowden (poi rifugiato a Mosca) o dai WikiLeaks, esca un solo fatto negativo per Putin o Pechino. Analisti seri, inclusi gli ex capi dello spionaggio francese, osservano che «così fan tutti», gli alleati da sempre si spiano, son tramontati i tempi in cui gli agenti americani avevano come motto «un gentleman non apre le lettere altrui».

Rubare i segreti
Ci sono nello scandalo, per chi abbia voglia di capire seriamente cosa sta succedendo senza farsi depistare dalla propaganda ubiqua, tre elementi. Il primo è giornalistico, varie organizzazioni passano ai media scoop sull’intelligence Usa e i media, meritoriamente, le diffondono. Il secondo è lo sguardo che possiamo lanciare su come funzionano gli apparati di sicurezza, un mondo dove non esistono amici o nemici e per capire cosa succede davvero occorre «ascoltare» tutti, in diretta o di nascosto.

Il terzo, più grave e strategico, è comprendere perché, mentre la Cina raccoglie via hacker i codici di sicurezza online di milioni di impiegati americani e a San Pietroburgo opera frenetica una «fabbrica dei troll», con l’incarico di avvelenare le discussioni sul Web e diffondere false notizie fabbricate alla perfezione, sul banco dei cattivi finisca, sempre e solo, l’ex carismatico Obama. Certo, c’è un difetto di iniziativa politica della Casa Bianca nel contrastare la bulimia della Nsa, ma è anche in corso una campagna di disinformazione globale, dove nell’ombra web è difficile distinguere tra professionisti dello spionaggio, ingenui, militanti, anime belle, ricattatori, cacciatori di fama e danaro.