Gianni Riotta risponde su La Stampa alle domande di Stefano Masino Asti  e Gianni Basi. 


La domanda di Stefano Masino Asti: 

Caro Riotta, 

l’America ha forse i due peggiori candidati della storia. Hillary Clinton, democratica, ha ricevuto il sostegno anche da una frangia repubblicana (tra cui i Bush) ed è migliore di Donald Trump perché è «più presidenziale e preparata». Un’esperienza che non le ha impedito di finire con le mani nella marmellata con la nuova indagine dell’Fbi sulle sue e-mail da ex segretario di Stato. Se l’Fbi non ha preso lucciole per lanterne, la prima donna presidente rischierebbe l’impeachment: Trump evoca lo scandalo Watergate. 

La domanda di Gianni Biasi: 

Caro Dr. Riotta, 

i candidati alle presidenziali Usa hanno tanti di quei risvolti contraddittori da non convincere il popolo, in uno scenario di battibecchi e insulti, specie pensando a un Trump forse più cialtrone che rivoluzionario. Chi verrà eletto si troverà tra le mani il rapporto con la Russia e il clima internazionale isterico, con manovre Nato sulla fascia baltica e postazioni missilistiche a Nord della Polonia, ai confini dell’enclave russa di Kaliningrad. E se a Putin venisse in mente di convincere Canada o Messico, a suon di rubli, per piazzare un cannoncino contro gli Usa? Le provocazioni per conquistare posizioni strategiche fra Usa e Russia minacciano Europa e mondo intero. 

La risposta di Gianni Riotta

I lettori Masino e Basi colgono bene il dramma della campagna elettorale Usa 2016. Mentre il mondo brucia nella Seconda Guerra Fredda, l’ultima, malconcia, superpotenza si dibatte fra grossolani video con accuse di molestie sessuali, e-mail indagate dal telefonino di un ex deputato maniaco, tasse eluse da Trump, salute sospetta di Clinton, e intanto Putin, con il suo grande laboratorio di disinformazione a San Pietroburgo, via Wikileaks, inquina il dibattito democratico. 

Benché cresca a ritmi che noi europei ci sogniamo, l’America ha problemi di salari, infrastrutture, scuola e sanità che andrebbero affrontati con concordia, non odio. Invece è proprio la Kulturkampf, la battaglia culturale che oppone città a campagne, professionisti a operai, bianchi a minoranze, liberisti a protezionisti, dentro e fuori i due partiti, a ingaggiare uno scontro fratricida che stimola nazionalismo, autoritarismo, populismo.  

Il nuovo presidente avrebbe bisogno di una mano dagli europei, ma chi la darà? Londra neoisolazionista, Le Pen antiamericana, Merkel accerchiata, Europa dell’Est xenofoba? Per questo Obama ha ricevuto con ogni onore il premier Renzi: sa che l’Italia, nel prossimo turbolento anno, può essere alleato strategico. Per noi, occasione da non buttar via, come temo invece tanti vogliano. Le mail non sono il Watergate, e Trump, pericoloso demagogo, non è «fascista». Ma non aspettatevi raziocinio da qui all’8 novembre.