La più recente domanda posta da Judy Dempsey per la rubrica "Judy Asks" su Carnegie Europe è: "Una politica di sicurezza europea è finalmente possibile?"

A rispondere sono vari esperti di politica internazionale: Fraser Cameron, Jo Coelmont, Karl-Heinz Kamp, Stephen Szabo, Sylke Tempel, Pierre Vimont.

Di seguito il commento di Gianni Riotta:

Non credo. Negli anni cinquanta il Primo Ministro britannico Winston Churchill propose una difesa europea comune, senza avere successo. L’opinione pubblica europea è diffidente nei confronti dell'incremento delle spese per la difesa e generalmente non supporta l’obiettivo di spenderci il due percento del PIL, che è quanto concordato dai membri della NATO ma mai realmente attuato a livello globale.

Gli Stati Uniti d’America non sono più il partner che gli europei danno per scontato. Il Presidente statunitense Barack Obama etichetta gli alleati del Vecchio Continente “free riders”, e nelle presidenziali repubblicane lo speranzoso Donald Trump disprezza la NATO tanto quanto fa il leader del partito Laburista britannico Jeremy Corbyn.

Europa e difesa, maggiore integrazione continentale e più alte spese militari, sono termini estremamente tossici nell’Unione Europea. L’integrazione militare ha senso strategicamente, l’Europa potrebbe infatti risparmiare e istituire una task force più efficiente creando un esercito europeo. Ahimè, questa visione si oppone allo spirito europeo dei nostri tempi.

Altri punti di vista:

Fraser Cameron, Director of the EU-Asia Centre

Che domanda strana. Tutto è possibile, ma le grandi decisioni richiedono volontà politica, leadership e tempismo. Nonostante gli orrori degli attacchi terroristici del ventidue marzo a Bruxelles, c’è un lieve segnale che i leader europei stiano accettando l’idea che “più Europa” sia la soluzione per affrontare le attuali minacce alla sicurezza.

La priorità di qualunque stato è la protezione dei suoi cittadini, e c’è stato un fallimento sistematico nel soddisfare questo bisogno in diversi stati membri dell’Unione Europea. Però, nonostante gli esperti possano fare progetti per una maggiore cooperazione in Europa, la mentalità dei politici e dei cittadini rimane ostinatamente nazionale.

Non ha molto senso, perciò, preparare grandiosi piani per una nuova strategia europea o - persino globale - per l’Unione Europea quando il tempismo è così sbagliato e i leader europei non hanno nessuna intenzione di implementare una strategia simile.

La principale priorità deve essere devolvere maggiori risorse per affrontare la minaccia terroristica, una minaccia che potrebbe durare per anni. Una cooperazione pragmatica nell’affrontare il terrorismo potrebbe portare, nel tempo, ad una politica di sicurezza europea di fatto. Semplicemente pubblicare un altro documento non aiuterà nessuno, men che meno i cittadini di tutta Europa.

 

Jo Coelmont - Senior associate fellow at Egmont—The Royal Institute for International Relations and senior fellow at the Belgian Royal Higher Institute for Defense

Si, perché l’Europa non si può più permettere il lusso di non avere una politica di sicurezza. È appena entrata in una nuova era geopolitica. La politica dell’equilibrio è tornata. Ed il confine tra sicurezza interna ed esterna sta evaporando.

La politica dell’equilibrio implica che ora, più di sempre, è essenziale -e per gli Europei addirittura vitale- essere in grado di plasmare partnership solide e durature con altri attori mondiali. Ad oggi, la minaccia principale all’Europa ed ai suoi stati membri è di perdere i suoi partner, in particolare gli Stati Uniti d’America, e di perdere la NATO, a causa della costante riluttanza europea nello sviluppare una politica di sicurezza credibile e di forgiare forze di difesa coerenti ed efficaci.

Considerato il legame tra la sicurezza interna ed esterna e la rilevanza dei problemi comuni agli stati membri -come per esempio la migrazione, il terrorismo e le cyber-minacce, solo per nominarne alcuni- la sfida è spiegare perché, in base al principio di sussidiarietà, la politica della sicurezza è la prossima area sul punto di essere europeizzata. Questa politica sarà una parte integrante della Strategia Globale dell’Unione Europea, che è in fase di creazione, per assicurare che l’unità di visione sia accoppiata all’unità d’azione.

 

Karl-Heinz Kamp - President of the German Federal Academy for Security Policy

Una politica di sicurezza comune europea non è solo possibile ma è anche stata esercitata con successo da circa due anni, vale a dire il vis-à-vis con la nuova aggressiva Russia. Nella crisi ucraina, l’Unione Europea si è affermata come l’istituzione chiave nella gestione delle crisi restando ferma nel mantenere le sue sanzioni su Mosca e provando ad aiutare l’Ucraina nel suo spinoso cammino verso prosperità e democrazia.

Comunque, nessuno parla di alcun incarico militare dell’Unione Europea -i battle groups inattivi dell’Unione non hanno nessun ruolo in quel contesto. La NATO a turno si focalizza su ciò che può fare meglio: dissuasione e difesa per impedire al Presidente russo Vladimir Putin ulteriori bravate ai danni dei membri UE dell’est europeo.

Questo lavoro di successo condiviso tra l’Unione Europea e la NATO non ha solo sorpreso Putin, ma potrebbe anche diventare un modello per il futuro. L’UE non diventerà un attore militarmente decisivo, nonostante le sue ambiziose idee riguardo il Common Security and Defense Policy. L’Unione Europea, però, possiede delle abilità non militari cruciali che sono indispensabili nella gestione delle crisi e che non sono disponibili nella cassetta degli attrezzi della NATO.

L’Unione Europea dovrebbe quindi rimanere sugli aspetti civili della politica di sicurezza -decisivi in tempi di sfide ibride-, mentre la NATO continua ad affrontare incarichi militari. Nel caso in cui gli europei dovessero aver bisogno di usare forze militari per la gestione delle crisi, potrebbero farlo nell'ambito della NATO, che permette ogni tipo di struttura, con o senza gli Stati Uniti d’America o in cooperazione con non-alleati.

Non è l’autonomia europea ma un approccio Euro-Atlantico che è richiesto nel nuovo mondo di difesa reciproca che Putin ha inaugurato.  

 

Stephen Szabo - Executive director of the Transatlantic Academy

Una politica di sicurezza europea non è solo possibile, ma anche vitale. I recenti attacchi terroristici di Parigi e Bruxelles e la rilevazione che un ramo dell’autoproclamato Stato Islamico è stato impostato per una lunga campagna del terrore in Europa, rendono chiaro che l’Europa è in guerra, anche se non ha capito che è questo il caso.

L’Europa deve centralizzare le sue politiche sui rifugiati, i controlli ai confini, la raccolta e condivisione dei dati dell’intelligence e la cooperazione fra polizia e forze armate -esponenzialmente ed immediatamente. Questa sarà una priorità per l’Unione Europea, ma da sola non può gestire questa quantità di minacce e richieste, così come non lo possono fare i singoli stati membri. Come indicano le recenti condivisioni europee di intercettazioni e altri dati con l’FBI, gli Stati Uniti e la NATO devono far parte di questa nuova campagna. La sicurezza in Europa e quella negli Stati Uniti sono strettamente interconnesse e solamente con uno sforzo congiunto e condiviso sarà possibile opporsi alle minacce alla sicurezza.

 

Sylke Tempel - Editor in chief of Internationale Politik and the Berlin Policy Journal, published by the German Council on Foreign Relations

Una politica di sicurezza europea è -o, piuttosto, deve essere- possibile in quanto necessaria. Questo non è banale come può sembrare. La necessità, come bisogno di mobilitare la volontà politica per fare cose che sono strategicamente prudenti, è il motore dell’integrazione europea. E fu strategicamente saggio, dopo l’esperienza di quasi morte della Seconda Guerra Mondiale, finire i secoli di difficoltà della potenza europea con una ricetta tanto semplice quanto difficile: gli stati-nazioni avrebbero dovuto abbandonare un po’ della loro sovranità per evitare guerre future, incoraggiare le democrazie liberali, proteggere la libertà e la sicurezza dei cittadini europei e creare benessere tramite la crescita di economie di mercato e la competizione pacifica.

Ora, quando le nuove Repubbliche indipendenti europee stanno completamente andando in fumo, quando nuove ideologie come il Putinismo e lo jihadismo provano a minare o a dichiarare guerra alle democrazie liberali, non ci dovrebbe essere alcun dubbio che è tempo di abbandonare la vecchia credenza che la sicurezza sia un incarico chiave delle nazioni-stati e che sia un elemento esistenziale della sovranità che non dovrebbe essere abbandonato. Unire le forze in ogni campo della sicurezza -intelligence, forze armate, strategia e diplomazia- è l’ordine del giorno. Senza una politica di sicurezza comune sarebbe futili la causa d’essere europea, ciò per cui fu creata e tutto ciò che ha conquistato.

 

Pierre Vimont - Senior associate at Carnegie Europe

Una politica di sicurezza per l’Unione Europea non è mai completamente scomparsa dalla visione d’insieme. Ma affermazioni ed impegni politici sull’argomento sono troppo spesso stati danneggiati da questa negazione della realtà fino a sembrare quasi come un’astrazione surreale.

Oggi, una efficace politica di sicurezza dell’Unione Europea sembra più semplice da definire. Per fare questo, l’unione ha bisogno di attuare tre fasi.

Primo: evitare eccessive speranze. La sicurezza europea deve nutrire ambizioni realistiche, in linea con gli obiettivi geopolitici dell’Unione Europea e le sue attuali capacità. L’esperienza europea in quel campo ha mostrato i suoi limiti ma anche i suoi successi reali -nel Corno d’Africa o nel Mediterraneo- sui quali l’Unione Europea deve costruire i progressi futuri.

Secondo, formare gradualmente una solida base tecnologica ed industriale per gli armamenti europei, e mobilitare i necessari sforzi finanziari utili a questo scopo. L’obiettivo della NATO di spendere almeno il due percento del PIL nella difesa rimane un traguardo al quale tutti gli stati membri devono aderire se vogliono essere percepiti come seriamente impegnati nel campo della sicurezza.

Terzo: focalizzare la sicurezza europea su ciò che i cittadini europei stanno chiedendo, ossia una politica che li protegga veramente dalle varie minacce che stanno giungendo, specialmente dai vicini. Una politica di questo tipo implica capacità comuni a livello europeo per assicurare la sicurezza interna ed esterna. Con una cooperazione migliorata con la NATO ed una volontà politica forte, questo può essere realizzato.

Ciò che rende una politica di sicurezza europea più plausibile oggi è che l’opinione pubblica europea non accetterà facilmente un’assenza europea nel campo della sicurezza in un momento dove le crisi estere e gli attacchi terroristici sul terreno europeo richiedono un’azione forte e ben calibrata.