"Caro Riotta, apprezzo quanto ha detto il Papa in riferimento al genocidio degli armeni, perché in questo modo ha voluto sottolineare che la stessa cosa sta succedendo oggi ai cristiani. Del resto, lo sterminio degli armeni è un fatto storico. Mi stupisce l’accanimento nel negare il genocidio da parte dei politici turchi, che farebbero meglio, invece, a distanziarsene anche culturalmente. Sicuramente Bergoglio ama esprimersi con libertà e coraggio. E le sue parole sulla questione armena non potevano quindi non provocare il terremoto diplomatico che hanno determinato". 

Mario Pulimanti, Lido di Ostia  

Caro Pulimanti, nel centro di Roma, all’ombra della Chiesa di San Nicola da Tolentino, una lapide ricorda austera il genocidio degli armeni. Pochi turisti la scorgono, malgrado via Veneto sia a un passo, e i distratti romani si affrettano al lavoro: la Storia ha le sue amnesie. Quanti ragazzi hanno letto «I 40 giorni del Mussa Dagh», romanzo di Franz Werfel sulle sofferenze degli armeni? La guerra fredda prima, la frizione tra Balcani e Medio Oriente poi, infine lo scontro di identità e religione del XXI secolo rendono non diplomatico, poco conveniente, per nulla astuto ricordare quella tragedia. Lo scrittore turco Pamuk rischia una condanna per non aver taciuto la verità atroce che Papa Francesco, nel suo candore strategico, impone. Ma, mi creda, il Papa non ha innescato un«terremoto diplomatico».  

La diplomazia del nostro tempo, all’Onu e dintorni, è troppo radicata in interessi reali per lasciarsi scuotere da un ideale. Le prese di distanze, ruvide e felpate, gli inchini verso Ankara e i suoi aspiranti protettori russi cui abbiamo assistito lo confermano. L’Europa ha sbagliato a lasciare la Turchia, unico Paese dell’area, senza un percorso, concordato e scandito, di ingresso nell’Unione. O la Turchia si salda all’Occidente democratico o si invischia nella guerra civile islamica. Ma non è glissando sulla persecuzione contro gli armeni che si riapre il dialogo con i turchi. Ci si deve incontrare ad occhi aperti, senza bluff. Un secolo or sono ci fu genocidio in quelle terre, e far finta di nulla per qualche vantaggio banale è ipocrita. Male del nostro tempo l’ipocrisia, confronti per esempio le reazioni fra le stragi a Charlie Hebdo e nel campus universitario in Kenya.