Il mondo cambia e ce ne accorgiamo ogni quattro anni, alle Olimpiadi. A Rio de Janeiro rimbalza l’orgoglio europeo ferito da Brexit, «Quante medaglie vince l’Unione Europea», scordando che le regole olimpiche permettono ai 27 paesi UE, senza Londra, di iscrivere uno squadrone di 3484 atleti, sette volte il team Usa con 554 convocati. Lo Sport è Politica, e oggi, con Croazia-Serbia di basket, i nazionalisti scaldano cuori e cori. Lontani i tempi del Maresciallo Tito, fondatore della Jugoslavia del dopoguerra, che usava lo sport per forgiare un carattere nazionale unitario tra serbi, croati, sloveni, montenegrini, bosniaci, macedoni, albanesi e le mille etnie balcaniche. Aveva creato nella squadra multietnica di calcio Velez Mostar, molti giocatori ex partigiani, il modello del paese, e in un discorso ai tifosi del 1972, Tito ripete fiero le idee amate, «Fratellanza e Unità. Il nazionalismo è cenere nella spazzatura, siamo una nazione sola, la gioventù sportiva vivrà per sempre jugoslava!».  

Jugoslavia in frantumi  

Durò invece meno di 10 anni dalla sua morte, 1980, e la partita di basket a Rio ci ricorda la lezione amara di tanti storici, Zec, Paunovic, Kajtezovic: nella fantasia popolare la fine della Jugoslavia data dalla partita di calcio Dinamo Zagabria, croata, contro Stella Rossa Belgrado, serba, allo stadio Maksimir, 1990. La polizia, controllata dal regime, protegge i serbi e picchia i croati, finché il futuro milanista Boban non atterra con un calcio volante di karate un poliziotto che manganella un tifoso della Dinamo, e finisce a sua volta bastonato. 60 feriti, decine di intossicati dai lacrimogeni, accoltellati, sparatorie, arresti. Solo calcio, ma un anno dopo la Croazia proclama l’indipendenza, muore la Jugoslavia, comincia la guerra civile, 140.000 morti, 4 milioni di profughi. Ai Mondiali di Italia ’90 il mister Ivica Sosim, bosniaco con padre sloveno, convoca una Nazionale come Tito voleva a parole e boicottava nei fatti, 5 bosniaci, tra cui Susic, 2 montenegrini, col grande Savicevic, 2 macedoni, con Pancev, uno sloveno, 10 croati, solo 2 serbi. È l’ultima Jugoslavia, l’unità a suon di polizia e sport di Stato non tiene, un giornale di Belgrado si illude ancora, «A Italia 90 il calcio salverà la Jugoslavia», e dalla rivale Zagabria il croato Sportske Novosti concorda «Siamo sull’orlo della secessione, il calcio ci unirà». 

Ogni partita una battaglia  

Invece ogni match tra le squadre dell’ex Jugoslavia diventa campo di battaglia. Ai Mondiali di basket 1990 il serbo Vlade Divac si pulisce le scarpe con una bandiera croata strappata ai tifosi, alla finale degli Europei di pallanuoto 2003 tafferugli sugli spalti, il ministro degli Esteri serbo che si tuffa vestito in piscina a celebrare, grottesco, la vittoria dei suoi per 9-8, scontri di piazza fuori dalle rispettive ambasciate. Botte da orbi agli Open di tennis in Australia, Rod Laver Arena 2007, con la polizia a riascoltare, sul Pacifico, i canti di guerra che da generazioni rimbombano sinistri sull’Adriatico, «Sanguina serbo…Muori croato…». Scontri e candelotti ai Mondiali di pallanuoto Melbourne 2007, stavolta passa la Croazia 10-7, e perfino uno sport innocente come la pallamano, nel 2012, fa blindare per Serbia-Croazia l’intera autostrada che da Zagabria porta all’Arena Beogradska di Belgrado. Da Londra 2012, forse, il primo disgelo nella pallamano, Croazia-Serbia 31-23, cori «In Battaglia Andate Fratelli Croati», ma almeno niente sangue. 

Il mondo cambia  

E oggi a Rio? Il mondo cambia, la nuotatrice Dana Vollmer, medagliere personale 5 ori, un argento, un bronzo, confessa «Prima delle Olimpiadi la gravidanza è stata per me orribile, il mio corpo ha perduto ogni forza», e le femministe la applaudono per la sincerità, e la nuotatrice cinese Fu Yuanhui, un bronzo a Rio, sciocca il suo puritano paese ammettendo serena «Ho fatto pena nella staffetta 4x100 perché avevo le mestruazioni», diventando eroina su Weibo, il twitter di Pechino. Il mondo cambia e alle Olimpiadi ce ne accorgiamo, l’azzurra Rachele Bruni dedica l’argento alla sua compagna. Si decideranno serbi e croati, finalmente, a chiudere la guerra dei Dieci Anni, 1991-2001, tutti sconfitti, nessun vincitore? Un collega ex Jugoslavia sfotte, magari per scaramanzia, «Nell’Inter Handanovic sloveno, i croati Kovacic, Perisic, Brozovic, il serbo Liajic e il montenegrino Jovetic sono andati d’accordo, no? Basta rancore tra di noi, già troppo ne abbiamo ai confini, purtroppo».