Il modo migliore di festeggiare i 40 anni di Tuttolibri è passare al numero 36 di Cooper Square, a New York, dove la città ha ancora qualche segno dell’era in cui i sindacati protestavano a Union Square.

Gli artisti disegnavano al Greenwich Village, il poeta beat Ginsberg vaticinava il delirio delle «menti migliori della mia generazione… dal Battery al Santo Bronx»: qui ancora si vede la grande scritta, all’altezza del primo piano, scandita in eleganti, gigantesche, lettere «VILLAGE VOICE». La vecchia testata del Village Voice saluta i passanti, che magari si affrettano non per una dose di simpamina come i beatnik né hanno nello zainetto la dinamite che i tre terroristi ventenni Weathermen Underground fecero detonare troppo presto sull’Undicesima Strada, il 6 marzo 1970, morendo tutti. I ragazzi di Cooper Square si affrettano verso un gelato della vicina Eataly, lontani da utopie sociali e violenza politica.

Ma se guardate nell’androne, semibuio, il Village Voice non c’è più, la rivista che faceva sognare con gli editoriali di Nat Hentoff, le poesie e i saggi di Pound, Baldwin, Mailer, Cummings, i fumetti di Feiffer (in Italia resi celebri dal Linus di Del Buono) e Crumb è un insignificante forum di pubblicità online e roba mal scritta, che nessuno legge, nascosta da qualche parte a Wall Street. La scritta al 36 di Cooper Square è monumento a qualcosa che ha brillato nella cultura del Novecento, ma combatte controcorrente nel XXI secolo: la rivista letteraria, culturale, politica.

Combat a Parigi, dal 1944 al 1947, con il Nobel Albert Camus caporedattore: nei suoi editoriali (li trovate in Questa lotta vi riguarda, Bompiani) l’appello alla tolleranza per le idee altrui che, stilato durante la Seconda guerra mondiale, ci fa vergognare dei toni isterici del nostro tempo di pace fasulla. Le Magazine Littéraire di Nicky e Jean-Claude Fasquelle, che aveva la redazione in una sorta di bizzarro garage a Parigi e il caporedattore andava in riunione con una maestosa pellicciona grigia. Mi capitò, in riunione, di complimentarmi e, lisciandola, ammise compiaciuto: «Lupo siberiano».

Le riviste letterarie non nascondevano di essere eccentriche, schifavano, in nome di Adorno e della Scuola di Francoforte, la «cultura di massa» e, un pochino, le masse stesse. Un intellettuale italiano lamentò in un dotto elzeviro le code ai musei e alla gallerie d’arte, con i filistei a bloccare il passo agli intéllos. La storica The New York Times Book Review, fondata da Elizabeth Hardwick con Bob Silvers - che la dirige dal 1963 quando Kennedy era alla Casa Bianca, Krusciov al Cremlino, Obama e Putin bambini -, partì perché il quotidiano The New York Times era in sciopero da settimane e gli intellettuali in astinenza di recensioni. La Hardwick, donna meravigliosa, era capace, contrariamente a molti scrittori d’élite, di ironia: durante un reportage per l’Espresso, una gang mi picchiò a sangue in metropolitana, uno dei tabloid popolari, il New York Post, scrisse un articoletto sui miei guai e lei mi invitò soave per informarsi sulla mia salute. Stupito le chiesi, «Tu leggi il Post?» e lei, schermendosi, «Prima cosa al mattino, non dirlo a Bob!».

A Londra c’è ancora il migliore dei fogli di recensioni, il Times Literary Supplement, nato dal quotidiano omonimo nel 1902, indipendente dal 1914, lista di collaboratori che non ha rivali, Eliot, James, Virginia Woolf, Calvino, Highsmith, Kundera, Vargas Llosa, Brodsky, Vidal, Heaney! Il TLS bucò l’Ulisse di Joyce, ma l’errore è composto da un secolo di recensioni azzeccate. Quando in Italia nessuno scriveva di Andrea Camilleri, Masolino D’Amico, sul TLS, tesse l’elogio del Birraio di Preston di Sellerio, attirando la prima recensione da noi: Io Donna del Corriere.

Le riviste d’avanguardia Anni 60, Quindici, il Gruppo 63, non si curavano di recensire, spiegandoli, i libri, compito assolto dall’Espresso grande formato Anni 60 e 70 e poi in tabloid dalla Cultura di Enzo Golino, da Grazia Cherchi su Quaderni Piacentini, Daniele Del Giudice su Paese Sera, quotidiano romano, da Alfabeta di Porta, Eco, Formenti, Ferraris, dalla Talpa Libri del Manifesto di Giorgio Casadio. Alla fine però la cultura di massa, contro cui i guru delle accademie avevano invano fatto barricata, trionfa, con il suo «pro» democratico e il suo «contro» demagogico. Oggi la migliore rivista d’avanguardia letteraria è nei tweet che le testate classiche e sperimentali rilanciano, idee, proposte, dibattiti, in cui vi imbattete in firme e culture impossibili da raggiungere in edicola. Il forum www.aldaily.com ogni giorno ripubblica i migliori saggi culturali. Quando sono in vena di nostalgia, apro lo smartphone su una panchina di Cooper Square, riguardo la testata di pietra del vecchio Village Voice, e mi immergo nella lettura di Tuttolibri online.