Silvio Berlusconi compie 80 anni e il suo consenso in una parte dell'elettorato italiano è ancora vivo. Non siamo al terzo dei voti che incassò alle Europee del 1994, ma una fascia di elettori resta persuasa che "Silvio", per tre volte eletto come Presidente del Consiglio, sia stato un buon leader. Leggo molti giudizi su di lui, i sicofanti della destra che, Berlusconi non lo ha mai compreso, gli hanno nuociuto più che giovargli, e i duri della sinistra, legati al mito "Berluska vince perché ha le tv".


Naturalmente i fatti smentiscono questa tesi, banale e rozza. Berlusconi ha vinto le politiche nel 1994, 2001 e 2008 sempre partendo dall'opposizione, cioè quando controllava un numero di canali tv minore che nel 1996 e 2006 quando, avendo una presenza in Rai più cospicua e dunque "più televisione", ha perso contro Romano Prodi. Antonio Gramsci, fondatore del partito comunista italiano, avrebbe meditato sul blocco sociale e l'egemonia culturale che Berlusconi ha saputo realizzare, ceti contraddittori negli interessi e nei valori, uniti però dalla sua personalità e dal detestare una sinistra considerata passatista e burocratica.
Con Berlusconi votarono innovatori tecnologici del Nord, antitasse e piccole imprese filoleghiste settentrionali, intellettuali ex socialisti e comunisti ostili a Mani Pulite, strati di pubblico impiego del Sud che non avevano nulla in comune con Bossi, ex democristiani e missini, che però "l'antisinistra" e gli spot di Silvio unificavano. Con Fini, Bossi, Casini, Ferrara, Colletti, liberali, fascisti, comunisti e dc Berlusconi guidava una coalizione eterogenea e mai davvero unita, che però risulta per 20 anni imbattibile alla sinistra.

È stato un esercizio frustrante, dal 1994 a oggi, vedere le menti migliori dei progressisti logorarsi in una denuncia moralistica e petulante del "berlusconismo", cui certo "Silvio" dava ogni giorno motivi e spunti crescenti con una condotta assai poco edificante. Ma per batterlo sarebbe servito uno studio serio, rigoroso e davvero efficace delle ragioni e delle radici del suo successo politico.
Quando, nel discorso della "discesa in campo" 1994, Berlusconi parla di immaturità della sinistra a governare, non solo gli eredi di Pci, Psi e Dc lo confermano di fatto, litigando e sfasciando due governi Prodi e la candidatura dell'ex presidente europeo al Quirinale, ma l'opinione pubblica moderata risulta a lungo sedotta, comunque, dalla paura del comunismo. Nei corsivi sui giornali, nelle riviste satiriche i commedianti, le soubrette, gli attori, i comici, i registi, gli intellettuali e i guru progressisti a lungo dileggiano "il fantasma del comunismo" che Berlusconi agita, ma milioni di elettori lo prendono invece sul serio.
Il terrorismo Br solo da poco è stato battuto, nei moderati il ricordo brucia, mentre la sinistra manda killer in Parlamento e pubblica libri che coccolano come Robin Hood i bierre: gli snob applaudono, i moderati no.
Il Muro di Berlino cade nel 1989, solo 5 anni prima della "discesa in campo" di Berlusconi, la Guerra Fredda ha animato la vita di tanti italiani, l'antiamericanismo (nelle versioni comunista a e cattolica) dilaga a sinistra (malgrado l'Onu, gli Usa, l'Europa, la Russia e i paesi arabi si uniscano alla prima guerra contro Saddam Hussein di Bush padre 1990, il Pds è contrario) e quei "fantasmi" fanno ancora paura. Come pure l'idea che le tasse e la burocrazia, contro cui nei suoi governi Berlusconi farà poco o nulla nei fatti, siano "di sinistra".

I tre governi di Berlusconi hanno pochi risultati da mostrare e la sua colpa storica principale è non avere saputo innovare il paese, con le riforme, negli anni in cui, prima della crisi finanziaria 2008, ancora era possibile, come in altri paesi, Usa, Gran Bretagna, Scandinavia, Germania. Il danno all'antropologia del paese, con comportamenti poco consoni alla carica istituzionale, resterà difficile da digerire. Ma le responsabilità, gravi, che la storia attribuirà a Berlusconi, sono specchiate dall'impotenza ossessiva di una sinistra che, affascinata dall'odio come tanti elettori erano affascinati dall'amore per "Silvio", ha perso anni decisivi per cambiare quel che non funzionava, restando infine preda di un populismo isterico che i padri fondatori, del Pci, del Psi e del sindacato mai avrebbero difeso.
Il paese ha sperato che dall'inchiesta Mani Pulite anni Novanta uscisse un rinnovamento e ha avuto invece il berlusconismo, non per le "tv" ma per mancanza di serie alternative politiche. E quando il berlusconismo s'è infine esaurito, non perché i suoi avversari fossero riusciti a bloccarlo ma perché il leader era ormai esausto e travolto dagli scandali, il populismo dei 5 stelle s'è affermato.
La foga con cui gran parte della sinistra, prima ancora che si concluda l'esperienza di governo di Matteo Renzi, ne vuol decapitare l'esperimento -con lo stesso appassionato autolesionismo con cui decapitò per tre volte Prodi- conferma che la maturazione del campo progressista, tanto tarda da mandare per tre volte al governo Silvio Berlusconi, non si è ancora compiuta del tutto.
Berlusconi festeggia dunque gli 80 anni da vincitore, non da vinto, grazie alla pochezza strategica dei suoi avversari, che ripetono oggi, meccanici, gli stessi errori di quell'ormai lontano 1994. Purtroppo di questa impasse pagano il prezzo l'Italia e le generazioni prese in mezzo.