La First Lady americana, Michelle Obama, ha studiato a Princeton University uno degli atenei Ivy League, l’organizzazione dei colleges nobili. Il legame tra gli ex allievi e «Alma Mater» è straordinario, ogni anno riunione dei vecchi compagni, raccolta fondi, per i ricchi lasciti ed eredità. Ma la Obama non torna nella sua vecchia università, come fa sempre Hillary Clinton con le «sue» scuole, Wellesley e Yale, non la cita nei discorsi, è fredda con Princeton. In privato ha detto «Mi sentivo prima “nera”, poi “studente”, mai a casa mia». Neppure dalla Casa Bianca riesce a superare il trauma.  

 

Tanto profondo è il legame psicologico tra un giovane e il suo college, nesso chiave della narrativa Usa, dal Grande Gatsby di Fitzgerald – con i ricordi di Nick a Yale e la foto di Gatsby a «Oggsford» - ai racconti di Cheever – con “Florrie” alla partita Princeton-Dartmouth. Nel nuovo romanzo Ragazza nera/ Ragazza Bianca (traduzione di Delfina Vezzoli) la scrittrice Joyce Carol Oates sceneggia la mitologia Campus nel 1979 della contestazione, con il rapporto tra Genna, bianca e figlia di un avvocato legato ai movimenti radicali contro guerra e capitalismo, e Minette, afroamericana e con il padre pastore, religioso influente nella comunità nera. Minette si scopre presto vittima di vendette razziali, insulti, minacce, cartelli minatori. Genna, ingenua e di buona volontà, vorrebbe diventarle amica, ma Minette si isola, mentre il peso delle due famiglie incombe, passato che non si elide tra razze e culture. Alla fine Genna, riguardando ormai adulta la vicenda, conclude che nulla nella vita o a scuola è semplice come sembra. Tra l’odio che circonda Minette e la sua psiche dolente le ombre sono fosche, imprevedibili, e l’esito sarà atroce. Genna – «per far bene» come spesso capita agli americani - innesca violenze e dolori, scoprendo che le attività del padre non sono così idealistiche come sembrava. 

 

Joyce Carol Oates, di cui nel frattempo Bompiani traduce lo struggente Ricordo di una vedova, racconta a Ttl Ragazza nera/ Ragazza Bianca in un gentile colloquio via e-mail. 

 

Signora Oates, pur dopo il primo presidente afroamericano, Obama, la tensione razziale resta viva in America. Genna e Minette, con le loro paure e speranze di 35 anni fa, girano ancora nei campus oggi?  

«Il razzismo, il “confine razziale”, esistono purtroppo negli Stati Uniti, e l’elezione di Obama – paradossalmente - anziché ridurli li ha esacerbati. Ci sono americani che detestano e diffidano del presidente perché è “nero” e dunque, secondo loro, “non abbastanza Americano”. Sono conservatori di destra, vedono ovunque “tendenze socialiste”. Non cambiano però neppure gli sforzi liberal per colmare il gap tra razze e minoranze etniche, le università e i programmi per l’istruzione, con borse di studio, fondi e progetti speciali, hanno questo obiettivo». 

 

«Ragazza Nera/ Ragazza Bianca» è un libro senza eroi. Minette, pur vittima vive di ambiguità, le buone intenzioni di Genna hanno esiti disastrosi. Le ragazze sono prigioniere di un passato da cui tentano, invano, di liberarsi: anche noi come loro?  

«A parte l’elemento razziale, spero di avere rappresentato due ben distinti personaggi, due ragazze, ognuna colma delle illusioni proprie della “razza”, bianca o nera. Genna è la figlia di un celebre militante, e vuole colpire il padre di estrema sinistra con la sua generosità e impegno sociale. Vuole davvero bene a Minette, ma ne confonde la timidezza per forza morale. Genna ha paura di correggere Minette, non vuole perderne l’amicizia e commette un tragico errore. Sarà la sorella minore di Minette a colmare gli errori passati mentre Genna matura in una personalità più forte, indipendente, capace di scelte difficili». 

 

Le due famiglie, i Mead di Genna e gli Swift di Minette, tengono in scacco le ragazze: ancora oggi in America la famiglia magnetizza l’individuo?  

«Da sempre mi affascina come la famiglia “definisce” una persona, ma invecchiando, tutti noi di solito progrediamo oltre il nostro ceppo di origine e cominciamo a definirci da noi stessi. Sia Genna che Minette sono molto giovani, e quindi molto condizionate dalle famiglie, anche perché si tratta di genitori con forte identità, che non lasciano indifferenti». 

 

I suoi anni Settanta non sono il cliché di Pace Amore e Musica di tanti videoclip in circolazione, hanno un sottobosco violento, dove in nome della Politica violenza ed egoismo dominano il movimento. I miei ricordi coincidono con il tono di «Ragazza Nera / Ragazza Bianca» ma è difficile ricostruire i tempi senza mitologie dolciastre.  

«Ogni era è complessa per chi l’ha vissuta, come noi due i ‘70. I cliché e i luoghi comuni sono lo scheletro che ne resta, dopo aver attraversato dolori e gioie. Il tormento dell’epoca, è stato comprendere il tragico errore della guerra in Vietnam. Ma alcuni attivisti e militanti rischiavano, pur con le migliori intenzioni, di esser fraintesi, violando la legge e attirando la reazione del governo federale. Era il paradosso della nostra gioventù: agire era pericoloso, forse anche sbagliato, non agire voleva dire rinunciare alla propria coscienza». 

 

Come Genna e Minette, la First Lady Michelle Obama, donna dall’identità formidabile, non sembra sapersi liberare dal passato, lamentando le difficoltà da studente a Princeton: ieri come oggi?  

«Princeton è oggi un posto del tutto diverso da allora. Con le borse di studio per gli studenti, senza attenzione al loro background, economico o etnico, l’università si è resa molto diversa, integra culture differenti. Sul campus vede ogni colore di pelle, ogni sfumatura, studenti stranieri con tutti i passaporti Onu in tasca. Michelle Obama non riconoscerebbe le aule dei suoi tempi. Hillary Clinton ha studiato a Wellesley, fantastico college per sole donne, dove le studentesse avevano importanti responsabilità e ricevevano ruoli da leader, in modo più semplice e diretto di quanto non sarebbe stato possibile in una scuola mista. L’America è cambiata».  

 

Quali sono le sfide per Minette e Genna «Nera / Bianca» oggi?  

«Il grande problema del nostro tempo negli Stati Uniti è il fossato che divide chi ha un buon lavoro o è ricco, e chi è disoccupato, o lavora duramente da precario, senza uscire dalla povertà. È una tragedia, su cui la politica si divide aspramente, che definisce la nostra stagione americana, giusto mentre tante altre nazioni progrediscono e crescono. Temo invece che da noi, per ora, riforme e soluzioni stentino ad arrivare, proprio perché le fazioni politiche si bloccano a vicenda. Il panorama che ho disegnato inRagazza Nera/ Ragazza Bianca resta dominante. Il dopo Guerra in Vietnam si chiama oggi Dopo Guerra in Iraq. L’eredità corrotta dell’amministrazione Nixon si chiama eredità corrotta dell’amministrazione Bush/Cheney/ Rumsfeld».