NEW YORK. Era noto come Larry King, ma si chiamava Lawrence Zeiger, suo padre aveva una trattoria a Brooklyn, morì presto e la mamma tirò su i figli «grazie ai sussidi del governo, ecco perché sono progressista». Il cognome King lo scelse «quando ebbi il primo lavoro, era il 1957, avevo 24 anni, mi diedero un posto alla radio WAHR di Miami Beach, Florida, non potevo debuttare come Zeiger, i cognomi ebrei non andavano. Diedi un’occhiata all’insegna di un negozio di liquori, “King’s”, e nacque Larry King».

Sette matrimoni, interviste con sette presidenti americani, star di Hollywood, show televisivi con milioni di spettatori nel mondo, le bretelle in vista copiate da schiere di wannabes ovunque, se ne va a 87 anni Larry King, il giornalista americano che non era solo il re delle interviste, era in sé un personaggio da pellicola sui giornalisti di un tempo, whiskey, sigarette, automobili, lusso, night club. Lo ha ucciso il Covid, piaga del nostro tempo che avrebbe voluto raccontare come ogni titolone dal ’57.

La tecnica che lo rese famoso sarebbe bocciata dalle scuole di giornalismo, «Non mi preparo mai sul personaggio che ho davanti, faccio le domande che farebbero gli spettatori da casa: funziona» raccontava King, voce roca per il fumo che gli era costato un cancro al polmone, seguito da un infarto, un ictus e infiniti malanni, sempre curati tornando al microfono. Così chiede a Ross Perot, imprenditore che sognava di candidarsi alla Casa Bianca, 24 anni prima di Trump, «Che ha in mente?» e Perot, mandando in tilt la politica Usa: «Penso di correre da indipendente per la presidenza…». Interroga il leader russo Vladimir Putin, dopo la sciagura che aveva distrutto nel 2000, tra voci di complotti, un sommergibile atomico, uccidendo 118 marina: «Che è successo» e il capo del Cremlino replica algido «È affondato». Non prepararsi era il trucco di King per lasciare esporre l’interlocutore, tirandone fuori tic e personalità. Al celebre showman Jerry Seinfeld dirà «Come mai la Nbc ha cancellato il tuo show Seinfeld?» e il momento resta celeberrimo, il popolare attore sbarra gli occhi, «L’ho deciso io! Non lo sai? Ma quale chiuso loro…».

Il semiologo Umberto Eco parlava di «effetto Mike Bongiorno», la capacità del pioniere della tv italiana di far sentire alla pari il pubblico e King usava il modello alla perfezione. Quando Ted Turner lancia il canale via cavo CNN, le interviste di King diventano spazio di relax, nell’incalzare delle notizie 24 ore su 24. Ride col presidente Bush padre, scambia il Dalai Lama per un musulmano «Lei prega? E chi prega?», chiacchiera come dal barbiere con il dittatore Gheddafi e Lady Gaga, Marlon Brando lo bacia in fronte, sotto il ciuffo Pompadour, cotonato indietro alla moda dei cubani Anni 50 a Miami, quando la sera giocava a poker.

E le carte sono costate care a King, un processo, una condanna, debiti, accuse di assegni a vuoto, raggiri. Con le donne ebbe successo, anche troppo, sette matrimoni con sei spose, una portata al «Sì» due volte, «corteggiarle è la cosa più bella», con strascico di avvocati, spese per gli alimenti, polemiche sui giornali del gossip e figli. Poco gli importava, poteva intervistare dei pupazzi animati, Miss Piggy o la rana Kermit, e ammetteva candido «Se torno in albergo e mi dicono “Ci sono due messaggi di emergenza Mister King, uno da Cnn e uno da sua moglie”, richiamo prima la redazione, poi mia moglie».

«Ero povero da bambino a Brooklyn e quell’ombra mi ha sempre inseguito» confessava. Restare in prima serata era il suo vero cruccio, finì perfino a RT, la rete di propaganda di Putin, fedele al motto dello scrittore Gore Vidal «Sempre andare in tv». Sempre, a ripetere, in bretelle, domande qualunque, a O. J. Simpson, appena assolto dall’accusa di avere ucciso la moglie «Hey, come ti va?», al padre della bomba all’idrogeno, Edward Teller, «Perché gli studenti odiano la fisica?».

Quando la fama non gli bastava, si inventava nuovi aneddoti, si finse amico d’infanzia, a Brooklyn, dell’asso del baseball Sandy Koufax, e quando Koufax negò «Larry? Mai visto da bambini», King non batté ciglio: «Mi piace raccontar storie è vero, ma a una domanda non ho mai risposto: chi sono io?» Larry King o Lawrence Zieger?