Già dal 2008 ho ragionato sul rischio che social media e web polarizzino il dibattito politico nelle democrazie contemporanee e che la rete finisca per chiudere ciascuno di noi nella sua tribù, ottundendo il dialogo (https://goo.gl/SCrlkK).  

Non mi sorprendo dunque leggendo l’ultima intervista che Barack Obama ha rilasciato a «Rolling Stone»: anche il presidente uscente affibbia parte della sconfitta di Hillary Clinton a web e social media. Ma, proprio perché il pericolo della comunicazione digitale l’ho studiato da tempo, osservo che Obama ha torto. Illudersi che la vittoria di Donald Trump, Brexit, l’ondata populista in Europa, siano solo frutto degli algoritmi distorti di Facebook e Google significa perdere tempo e terreno.  

Obama sostiene - correttamente - «che i social media e Internet hanno cambiato il modo in cui la gente riceve le notizie. Ne parlavo col mio direttore politico, David Simas, sulla sua pagina Facebook riceve robe da pazzi da suoi ex compagni di liceo, tipo “Obama ha messo al bando il Giuramento alla Bandiera…» e il presidente conclude che tra «la gente» e l’informazione tecnocratica «alla New York Times» s’è creato un divario che avvantaggia i demagoghi e svantaggia la sinistra raziocinante. 

 

Obama, purtroppo, si sbaglia. Non perché il rischio delle «camere dell’eco», le «echo chambers», in cui gli algoritmi dei motori di ricerca e i social network ci sospingono senza sosta non siano un pericolo. Lo sono, e la letteratura critica lo prova senza dubbi, perfino gli algoritmi riflettono i pregiudizi dei loro autori. Dove Obama erra, per una inguaribile visione illuminista e aristocratica del mondo, è nel non vedere come la diaspora dei cittadini in tribù ostili via web, non premi i repubblicani a scapito dei democratici, o Trump su Hillary, ma investa ogni leader, ogni partito, ogni cultura. Chi studia il web sa che le false notizie colpiscono Papa Francesco, disegnato da tanti dopo la lettera critica dei quattro cardinali come l’Antipapa, lo stesso Trump, dipinto come un manutengolo delle associazioni segrete più bizzarre, attori ed attrici perbene, coinvolti in assurde trame. 

In uno strepitoso saggio su Buzzfeed Alberto Nardelli e Craig Silverman hanno dimostrato come dal blog di Beppe Grillo e Davide Casaleggio vengano diffusi e smistati - tra spot a pagamento - molte delle false notizie confezionate in Russia, o in altri paesi, dalla macchina di disinformazione del Cremlino e di Putin https://goo.gl/YMaIFf . Fatto grave e da chiarire, soprattutto per un partito ligio alla trasparenza come i 5 Stelle, ma sostenere che l’impatto politico, sociale e culturale di Grillo sull’Italia sia risultato di queste trame digitali oscure è falso. Non è il web a creare i demagoghi, come non fu la stampa a creare Lutero, la radio a lanciare Mussolini, la tv ad eleggere Kennedy. È il tessuto sociale che crea le novità, maligne o benigne, e il web le rilancia. È uno specchio, caro presidente Obama, e il volto che vediamo riflesso è il suo, è il nostro, è il XXI secolo.