Il dibattito di oggi, tra Clinton e Trump, all’Hofstra University di New York, sarà il più importante dal 1980, quando un record di 80 milioni di americani vide in tv l’«attore di serie B», così Ronald Reagan era definito dai giornali liberal, annichilire il presidente Carter.  

I collaboratori della Clinton dicono «Batteremo il primato, 100 milioni di telespettatori, tv e online».  

Posta in gioco la Casa Bianca, il 34% degli elettori in palio secondo Wall Street Journal. Hillary Clinton, nell’ultimo sondaggio Washington Post, ha il 46%, Trump 44, i candidati minori, il libertario Johnson e la verde Stein 5 e 2 (non saranno al faccia a faccia, tra le proteste). Analisi del gruppo Catchy per La Stampa, in collaborazione con Luiss, confermano un divario tra i candidati sotto il 3%,«troppo poco perché i democratici non abbiano paura» conclude il guru Big Data Nate Silver. Per tradizione, candidati «anti-politici» ravvivano i dibattiti, come Reagan 1980 e la candidata vicepresidente repubblicana Sarah Palin, ex governatrice dell’Alaska, che attrasse 70 milioni davanti ai teleschermi contro Joe Biden, battendo il capofila del partito senatore McCain. 

La formula favorisce Trump? Clinton gioca in contropiede, spaventando chi non la ama ma teme la vittoria di «The Donald». Lui fa dire ai social media di avere invitato Jennifer Flowers, ex amante di Bill Clinton, il suo vice Mike Spence nega, lei invita Mark Cuban, ricco protagonista della tv spazzatura, che considera Trump «pazzo come un cavallo». Politica da reality show. 

 

Ogni quattro anni si sfoglia l’album ingiallito delle figurine dei dibattiti, Kennedy abbronzato e Nixon senza cerone e barba lunga, Reagan che irride Carter «Eddalli!» guardando dritto in camera, come a Hollywood, «State meglio ora o quattro anni fa?», l’ex vicepresidente Mondale che elimina alle primarie 1984 il senatore Gary Hart, con lo slogan del fast food «Il panino è vuoto!», l’anchorman di Cnn Shaw che provoca da bullo il candidato democratico 1988 Dukakis «Se stuprassero tua moglie che faresti eh?», Bill Clinton commosso da una signora nera, «La tua pena è la mia», G.W. Bush che nel 2000, alla domanda «Quale pensatore l’ha influenzata di più?» risponde sereno «Gesù». 

In realtà, come dimostra Robert Erikson nel saggio «The timeline of presidential elections», i dibattiti servono all’opinione pubblica non per ribaltare i giudizi, per confermarli. I democratici erano scettici su Hart e Mondale li rassicura, l’America era stufa di Carter, temeva Reagan «guerrafondaio» e si innamora di «Ronnie» in tv. Hillary Clinton non deve dunque «persuadere» i trumpiani, l’America è spaccata nel 2016, stato per stato, come nel 2012, Obama contro Romney. Hillary deve scaldare la base democratica che la considera moscia, bugiarda, legata ai ricchi, infida. Deve spiegare perché, malgrado abbia speso in spot tv e radio 145 milioni contro 4 di Trump, il suo vantaggio è esiguo, e la scusa «i media regalano troppo spazio a Trump» fa ridere, lei è in prime time dal 1988. Hillary deve farsi vedere pimpante, guarita dalla polmonite, un’incertezza, un capogiro in prima serata, le costerebbe carissimo. 

Sfida non meno ardua per Trump. La sua rimonta è legata all’odio che polarizza il Paese, i repubblicani possono non amarlo, ma detestano Hillary ancor di più e se i veterani del partito invitano a disertare, non li ascoltano. Per vincere deve spostare, dopo Ohio e Florida, anche Colorado e Virginia, dove cresce ma Clinton resta avanti. I suoi numeri tra neri e ispanici sono pessimi 15% e 2% (G.W. Bush aveva 11% e 40%), la sua forza è aver fatto del glorioso Grand Old Party repubblicano la Lega dei Bianchi, maggioranza tra i maschi non laureati. Ora Trump deve scegliere: se fa il presidenziale, ripetendo a memoria le risposte precotte dello staff, sarà apprezzato dai parrucconi, ma perde gli astenuti che sognano rivolta contro lo status quo di Washington. Se strafà, battute volgari, razziste, troppe bugie, aliena indipendenti e moderati. Il web farà da cassa di risonanza, ma non vedremo, purtroppo, un vero confronto, solo un comizio slalom parallelo. Nell’America separata in Patria, Hillary&Donald inciteranno le opposte tribù, dimenticando gli altri cittadini. Peccato.