Prima di andare al concerto di Beyoncé Giselle Knowles-Carter a San Siro, fareste bene a iscrivervi al corso del professore Kevin Allred a Rutgers University. 

 

E approfondire con il docente, canottiera nera e nome della star tatuato sul petto, «La Politica di Beyoncé, il femminismo afroamericano, la politica Usa». Andate presto, la classe è completa, trenta studenti che il professor Allred incoraggia a invitare amiche e fidanzati, persuaso che «Beyoncé sia simbolo della lotta per il potere di chi non ha potere, donne e minoranze nello show business». L’estroverso Allred non è il solo a credere che la popolare cantante, amata dal presidente Obama (l’ha invitata alla sua inaugurazione e, per i siti del gossip, ne è amante in segreto), sia icona politica al tempo di Hillary-Trump. La professoressa Daphne Brooks, docente di studi Afroamericani all’università di Yale, pubblica il saggio «La musica soul delle donne nere, politica surrogata nell’età della catastrofe»«Beyoncé è modello sociale e culturale al tempo dei disastri naturali ed ecologici, con la marginalizzazione delle donne nere nella cultura sociopolitica d’America».  

 

Secondo la Brooks il corpo dell’artista, che innumerevoli video (oltre 140 milioni i siti che Google raccoglie nel nome di Beyoncé) mostrano seducente e seminudo in danze vorticose, simboleggia la battaglia tra il mercato, che svende la donna nera schiava erotica postmoderna, e la cultura ancestrale che vuol liberarla in maestra di vita e di storia.  

 

 

Non avreste mai pensato che un concerto vi portasse dritti nel cuore della guerra ideologica che divide la grande America, dopo la strage di Dallas, le violenze della polizia, lo scontro tra il populista Trump e la prima donna candidata presidente Clinton. Beyoncé, e lo staff che ne cura la produzione artistica, sono coscienti di questa frontiera, con la stessa tecnica raffinata di democratici e repubblicani a caccia della Casa Bianca. 

 

Quando la polizia uccide due neri, a Baton Rouge e St. Paul, la cantante impugna il web e condanna «La strage di donne e ragazzi nella nostra comunità: tempo di scendere in campo e chiedere “non ammazzateci più”. Non chiediamo solidarietà, ma rispetto per la nostra vita». Il giorno dopo Micah Johnson, veterano di Dallas, interpreta a modo suo la rabbia e uccide cinque poliziotti. Lesta, Beyoncé torna a commentare «Riposino in pace gli agenti le cui vite sono state rubate ieri, in modo folle, a Dallas…La violenza non crea pace. Noi siamo la soluzione. Dobbiamo poter manifestare pacificamente senza subire altra violenza». 

 

  

Ispirando i suoi brani alla giovane poetessa somalo-inglese Warsan Shire, Beyoncé ridisegna il totem di una donna capo della comunità, il cui corpo pur sensuale non è oggetto di desiderio, ma soggetto di comando, potere che non si piega al business e lo sforza a compiere il proprio destino. Nell’album visuale «Lemonade» Beyoncé canta liriche coniate dalla Shire «Che dirai al mio funerale, ora che mi hai ucciso?», ballate dolenti e ribelli che emozionano la critica del sito Daily Beast, Josie Pickens: «Beyoncé è Hillary, combattente reale, tradita, irriducibile…». Knowles-Carter For President 2024. 

 

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