Caro Riotta,
possibile che Donald Trump non ne azzecchi mai una? Adesso nel mirino è finita Melania Trump, terza moglie del candidato repubblicano alla presidenza degli Stati Uniti: il suo intervento alla Convention repubblicana di Cleveland sarebbe un plagio di un discorso di Michelle Obama tenuto nel 2008 alla Convention democratica. Capisco la politica, ma il giornalismo dovrebbe essere serio e non cadere in queste banalità e prese di parte. Non vorrei che si ripetesse il caso Brexit, che ha smentito sondaggi e opinionisti di mezzo mondo. Lei che è esperto di cose americane, ci può spiegare come la pensa davvero? In tutto quello che dice e fa Trump c’è qualcosa che si può salvare?

Stefano Masino, Asti

 

Caro Masino,  

il discorso di Melania Trump era stato il punto migliore della prima serata alla Convention repubblicana. Spenti i malumori della base che voleva cambiamenti alle regole, la serata era troppo puntata contro Hillary Clinton, sola icona negativa che unifichi il partito che fu di Lincoln e Reagan. I parenti delle vittime di killer immigrati, la mamma di un caduto nella strage di Bengasi, in Libia, che la destra imputa - piuttosto avventatamente - alla Clinton.  

In tutto il Novecento, alla Casa Bianca, ha sempre prevalso il messaggio più positivo sul più cupo, da Roosevelt-Hoover 1932 a Obama-McCain 2008. Troppa cupezza invece nell’arena di Cleveland, e troppi bianchi, che da soli ormai non eleggono più il Presidente. Melania Trump, modella, donna elegante, accento sloveno, immigrata, ha ribaltato da sola, con fascino, la nottata, al punto che i delegati, dopo il suo discorso, hanno abbandonato la sala lasciando il lunatico ex generale Flynn -«arrestate Hillary!»- ad arringare le sedie. 

Copiare il discorso - mica colpa di Melania ma di un ignorante collaboratore che il capo dei repubblicani Priebus vuole «licenziato subito»- toglie lustro alla performance e offusca Trump da pataccaro. Al di là dell’incidente, lei coglie bene il punto.  

I media, afflitti dalla crisi, hanno perso il senso del presente. Snob, svogliati, pronti al sarcasmo, pigri davanti ai dati, non han capito Reagan, Thatcher, Berlusconi, si sono illusi di addomesticare Grillo e Brexit, speculano da destra e sinistra sull’emergenza «razzismo», battezzano «democratico» Erdogan, rispolverano complotti sull’11 settembre. Costruire la nuova etica dell’informazione digitale, tollerante, fondata sui dati, dialogica, sarà lungo e faticoso, ma io resto ottimista.  

Trump dà voce a bianchi, operai e ceto medio, che, tra globalizzazione e tecnologie, hanno perduto status e salario. Il partito democratico di Obama li ha trascurati e loro, che in Europa vanno a Brexit e Le Pen, si arroccano su Trump. Marchiarli tutti da «razzisti e fascisti», come tanti intellettuali repubblicani e no, è una scemenza, molti son persone perbene in affanno. Ma, caro Masini, la ricetta di protezionismo, disprezzo etnico, misoginia, intolleranza, demagogia, irresponsabilità internazionale, disarmo ideale, che Trump sembra distillare, è tossica e io spero che l’America non la beva.