Quando persone e istituzioni che associamo all’idea di bene e compassione scivolano nel male degli scandali, il dolore che proviamo è doppio. Ci sentiamo traditi, da chi, nel nostro cuore e nella nostra mente, associamo alle buone cause. A lungo la Chiesa cattolica ha subito il danno di omertà e complicità sulla tragedia della pedofilia. I Caschi Blu, le truppe di pace delle Nazioni Unite, sono stati coinvolti in orrende vicende di stupri e molestie sessuali, dalle guerre del Congo, alla sfortunata Haiti, tra terremoto e epidemia di colera, con mazzette indebitamente appropriate, fondi destinati agli affamati finiti in corruzione.  

L’amaro contrappasso tocca adesso Oxfam, la storica e stimata organizzazione umanitaria fondata nel 1942, e radicata in 19 Paesi, tra cui l’Italia. Nata per combattere fame e miseria, Oxfam lavora con migliaia di addetti e volontari in 90 nazioni, assistendo 20 milioni di poveri, una sterminata comunità di mamme che imparano un mestiere, bambini che ricevono una medicina e un quaderno di scuola, uomini e anziani inseriti in programmi di lavoro, istruzione, sanità. 

Oxfam è accusata di molteplici casi di abusi sessuali, pratiche di prostituzione, un clima diffuso di condotte inammissibili e coercitive, l’opposto di quanto chi si impegna contro la fame, e chi contribuisce con raccolte di fondi, pubblici o privati, immagina.  

Le autorità britanniche hanno aperto un’inchiesta per accertare i fatti, allocare le responsabilità, e comprendere perché le prime denunce, emerse all’interno di Oxfam con i rapporti della dirigente Helen Evans, non siano state seguite con l’attenzione necessaria all’importanza dei fatti, che risalgono al 2011 ad Haiti.  

Oxfam ha licenziato in tronco i responsabili degli abusi, e riconosce con amarezza: «Avremmo dovuto subito dar seguito alle rivelazioni della Evans, con maggiore energia». Penny Lawrence, vice amministratore esecutivo, ha rassegnato le dimissioni lunedì scorso, riconoscendo di non aver perseguito i colpevoli a fondo. Caroline Thompson, presidente dei garanti, riconosce l’umiliazione: «Chiediamo perdono ai chi ha contribuito alla nostra causa, ai volontari, al popolo di Haiti per quello che è stato fatto in nostro nome». 

Oxfam Italia, che in nulla è coinvolta nello scandalo, ha reagito con la presidente Maurizia Iachino e il direttore Roberto Barbieri, stigmatizzando i fatti ma chiedendo di non fare di ogni erba un fascio. Perché questa è la vera, irriducibile, colpa, il misfatto osceno di chi, impegnato sul fronte del bene si lascia irretire dal male: seminare cinismo, indifferenza, nichilismo, asciugando i, già ridotti dalla crisi, canali delle donazioni. Per paradosso tragico, le vittime degli abusi sono stati i poveri, e ancora i poveri, ad Haiti e negli altri Paesi dove Oxfam, Save the Children, Medici senza Frontiere e tante altre organizzazioni meritorie, agiscono pagheranno il prezzo di meno fondi alla carità. I dannati della Terra sono stati oggetti degli abusi ad Haiti, e i loro fratelli e sorelle pagheranno il prezzo se gli aiuti scemeranno. 

Bene fanno dunque le autorità britanniche a indagare su reati e complicità, mentre Oxfam apre un severo, e doloroso, esame di coscienza. Ho fatto parte del consiglio di amministrazione di Save the Children in Italia e adesso servo, con orgoglio e in questo momento amarezza, nel board di Oxfam Italia. L’amarezza che il male si nasconda nel bene deve però mobilitarci tutti, soprattutto chi è nel volontariato e nell’impegno umanitario si ostina a credere. Eliminando gli scandali, senza eliminare i programmi che, dai campi, alle scuole, agli ospedali, alleviano la miseria ogni giorno.