Trenta anni fa la morte di Michael Brown, il ragazzo ucciso a Ferguson, sobborgo afroamericano a nord di St. Louis, in Missouri, avrebbe solo fatto notizia in città, un trafiletto in cronaca, un servizio nel telegiornale cittadino, qualche protesta sui giornali militanti dei diritti civili. Ma viviamo nell’era dei social media, la vicenda rimbalza nel mondo e costringe il presidente Barack Obama a interrompere le sue tormentate vacanze al sole di Martha’s Vineyard, isola chic del New England, e parlare al Paese. Malgrado un Presidente nero, mezzo secolo dopo Martin Luther King, politica e razza incendiano ancora l’estate americana. 

 La polizia di Ferguson sostiene di avere fermato Brown durante un controllo e di avere sparato solo alla sua reazione, avrebbe colpito un agente, cercando di sottrargli la pistola. Un amico di Michael ribatte invece che il giovane afroamericano si sarebbe fermato alzando le mani, per mostrare di non essere armato, e che un poliziotto gli avrebbe sparato a bruciapelo. 

 Quando un gruppo di dimostranti è sceso in strada, protestando per la morte di Michael Brown e accusando di razzismo il Dipartimento di polizia - solo tre ufficiali sono neri su 52 -, le autorità hanno dispiegato reparti in assetto paramilitare. Pallottole di gomma, gas lacrimogeni, autoblindo, tiratori con fucili di precisione. Sono partiti scontri, incendi, cariche, nello sgombero di un ristorante McDonald’s due cronisti son stati fermati per avere rifiutato di mostrare ai poliziotti i tesserini. 

 Online è sembrato un cocktail tra il Maggio francese a Parigi e la guerra a Gaza. I picchetti urlavano a St. Louis «Gaza Libera!», mentre su Twitter giovani palestinesi davano consigli su come reagire ai gas, mai acqua, meglio un limone. 

Alla fine il presidente Obama, già perseguitato sulla spiaggia che, con l’incidente costato la vita a una sua segretaria, rovinò Ted Kennedy, dalle polemiche sulla Siria con la Clinton, ha dovuto parlare alla nazione. S’erano diffuse voci di una sua danza con la Michelle Obama e il web ringhiava «Ferguson brucia Obama balla il valzer». Troppo per una Casa Bianca che ha nelle minoranze l’ultimo baluardo. Obama chiede un’inchiesta federale e controllo civile della polizia, senza uso dei reparti paramilitari. Condannati anche i controlli ai cronisti, mentre un senatore del Missouri propone che la polizia dismetta le manovre da guerra e torni a procedure meno aggressive.  

 Morale di Ferguson Ferragosto 2014: nelle periferie e nei sobborghi la tensione tra polizia e giovani delle minoranze resta brutale. Il teenager Trayvon Martin, ucciso da un vigilante, aveva spaccato il Paese, ora St. Louis conferma che siamo lontani dalla pace sociale. La militarizzazione della polizia, seguita all’11 settembre, aliena troppi cittadini, ricorda le scene in Ucraina e Medio Oriente e andrà regolata. Troppi si erano illusi che il primo Presidente afroamericano siglasse la pace razziale in America. Purtroppo la crisi economica, la disoccupazione tra i ragazzi neri, la durezza della polizia abituata a trattare tutti come le gang criminali seminano zizzania. Non è il web a dividere l’America, con i social a diffondere il nome dell’agente che avrebbe sparato mentre altri siti organizzano la rivolta. Il web fotografa l’America rabbiosa estate 2014.