Sarà dunque tra il presidente Donald Trump, per i repubblicani, e l’attrice e produttrice tv Oprah Winfrey, democratica, il faccia a faccia per la Casa Bianca 2020?

Ieri, in America, cyber elettrocardiogramma in tumulto per l’appassionato discorso che Oprah, così i fan la chiamano, ha pronunciato alla cerimonia dei premi Golden Globe. Winfrey ha citato, in dieci minuti di appello applaudito in piedi da Hollywood, i diritti degli oppressi, mescolando con maestria dolore delle star umiliate da sadici come il magnate Harvey Weinstein e il retaggio lontano delle braccianti afroamericane, preda per generazioni della foia bianca.  

L’icona
Recy Taylor, contadina povera che nel 1944 venne stuprata da una gang di razzisti in Alabama, senza mai ricevere giustizia malgrado la confessione di un aguzzino, diventa grazie a Oprah Winfrey un’icona dei diritti umani delle donne. Fu giusto Rosa Parks, poi celebre per non avere ceduto a un bianco il posto in autobus lanciando lo storico boicottaggio dei mezzi pubblici, a indagare sul caso Taylor, finché lo sceriffo di Abbeville non scacciò la militante dalla cittadina.

Oprah ha chiesto agli uomini, bianchi e no, di far da testimoni senza omertà, non processandoli in blocco ma suggerendo che le vittime, sempre, hanno diritto ad emancipazione e giustizia. Le attrici in scena, e con loro milioni di donne a casa, indossavano tutte abiti color nero, segno di dolore e battaglia, ed Oprah, elegante e composta, è apparsa da campionessa, priva di rancore o odio, dell’America tollerante, compassionevole, globale, ancora capace di fascino e stile, quel che Hollywood sogna di essere, ieri con i film sul New Deal di Frank Capra, oggi con «The Post» di Spielberg.

L’Orco Weinstein, e i tanti attori accusati di molestie, hanno sporcato l’industria culturale con prevaricazione e ipocrisie, si finanziava l’amica femminista Hillary Clinton, comportandosi poi da bruti sul lavoro.

Il riscatto 
Oprah ha riscattato davanti ai telespettatori lo show business, con tale piglio retorico da scatenare la cyberpolitica: Oprah for President 2020? I veterani ricordano che in un’intervista del 1999, l’allora palazzinaro Donald Trump dichiarò perentorio «Se mai mi presentassi alla Casa Bianca, Oprah sarà vicepresidente!». Ventun anni dopo vedremo il più spettacolare duello tv dai tempi di Ronald Reagan, l’aggressività macho di Trump, per i repubblicani, contro la forza femminile della Winfrey, per i democratici? 

La rete Nbc confermava in un primo tempo «Winfrey correrà», poi ha cancellato il tweet, ma subito la rivale Cnn incalzava «Due fonti: Oprah si presenta nel 2020». Lei minimizza? Il suo compagno storico, Stedman Graham, rilancia con il «Los Angeles Times»: «Tocca al popolo parlare, lei è pronta». Harry Enten, macinatore di dati del sito FiveThirtyEight calcola che nel 2008 Oprah seppe convogliare su Barack Obama almeno un milione di voti contro Clinton, risultando decisiva. Con un patrimonio personale stimato in due miliardi e mezzo di dollari, Winfrey potrebbe pagarsi la campagna da sé, e ha legioni di ricchi pronti a darle una mano. Il 52% degli americani la giudica positivamente, il 56% ha un parere negativo sul presidente Trump, ma si deve passare dalle elezioni di midterm a novembre, e intanto, nel turbolento inverno Usa, pare che il procuratore speciale Mueller voglia interrogare il presidente sul Russiagate, le ingerenze russe sul voto 2016. 

La prima donna nera  
È pronta l’America per la prima donna nera presidente, debuttante in politica? Difficile dire, ma il passato è ormai cattivo maestro per anticipare il futuro Usa, vedi vittorie di Obama e Trump. Colpisce, piuttosto, la vitalità formidabile della democrazia americana, capace di offrire a una personalità tv il podio per fare un’eroina di Recy Taylor, stuprata dai razzisti nel 1944, in piena guerra, quando Eugene Gordon, del giornale «Daily Worker», osservava caustico «Lo stupro della signora Recy Taylor è violazione brutale, come quelle perpetrate dai fascisti, dei suoi diritti personali di donna e cittadina di una democrazia». Oprah ha rimesso i diritti al centro, ha scaldato tanti cuori e vedremo poi se sfiderà l’uomo che un tempo la sognava come sua vicepresidente e come se la caverà se chiamata a difendere la libertà davanti a Putin o Xi Jinping.