La Storia parlerà a lungo del leader russo Vladimir Putin tra tante critiche, ma neppure gli acerrimi detrattori negheranno all’ex agente Kgb diventato Numero Uno al Cremlino, l’astuzia degna di Machiavelli.  

Le manovre di Putin in questo 2013 celebrano il mezzo millennio del Principe. Il passo doppio che mette fuorigioco Obama sulla Siria, facendosi schermo del Papa per apparire uomo di pace e assicurare al vassallo Assad forza e protezione. L’arroganza di schierare missili al confine con l’Europa, in ritorsione per il progetto di scudo stellare Usa, certo che l’anemica diplomazia di Bruxelles non reagirà alla palmare provocazione.  

E infine la rapidità con cui Putin reagisce allo sgarbo del presidente americano Barack Obama e del presidente francese Francois Hollande di non partecipare alla cerimonia di inaugurazione dei Giochi Olimpici a Sochi. 

Anziché alzare i toni della retorica, senza ricorrere all’esperto ministro degli Esteri Sergej Lavrov, Putin spiazza annunciando la grazia all’ex magnate Mikhail Khodorkovsky.  

 Mossa perfetta: mentre l’Occidente guarda alla realtà come una sorta di replay della Guerra Fredda, Putin, con rapidità sconosciuta ai vecchi dinosauri Pcus, appare «pacifista» sulla Siria e «umanitario» su Khodorkovsky. Che importa che l’ex uomo d’affari sia stato detenuto in violazione di ogni diritto per oltre 10 anni, spesso in celle con malati di tubercolosi? Che importa che le musiciste Pussy Riot languono ai lavoro forzati, che giornalisti onesti scompaiono per avere sfidato oligarchi e corruzione? Quel che appare su tv e media è il Putin dal volto umano, che parla dei familiari di Khodorkosvky e lascia insinuare al suo portavoce la più repellente ipocrisia dei despoti – popolare a lungo in Vietnam – «Se ha chiesto la grazia, dunque, è colpevole…». 

«Mikhail Borisovic» – con il patronimico familiare Putin s’è rivolto a Khodorkovsky – non è uno stinco di santo. Come tanti spregiudicati finanzieri russi negli anni tumultuosi che hanno visto crollare il comunismo, passare Gorbaciov e poi Eltsin, ha creato un impero economico rastrellando quel che restava del regime di Lenin. Ma Putin non lo ha certo perseguitato per le malefatte di affarista, comuni agli alleati del Cremlino. Carcere e processi arrivano quando Zar Vladimir teme che «Mikhail Borisovic» minacci il suo impero. Allora nessuna pietà. La grazia elargita ieri dall’alto, come uno Zar al povero detenuto in Siberia, ne conferma il potere assoluto e mortifica gli occidentali, irrisi nella loro impotente dabbenaggine. 

 Putin ha studiato, e bene, la storia dei boicottaggi alle Olimpiadi. Sa che quelli parziali, degli americani a Mosca 1980 in protesta contro l’invasione russa in Afghanistan (l’Italia, con diplomazia di scuola andreottiana, partecipa ai Giochi, ma lascia a casa, tra imprecazioni, solo gli atleti dei gruppi sportivi militari) e, in ritorsione dei russi a Los Angeles 1984, poco e male funzionano. Del boicottaggio africano a Montreal 1976 chi ha più memoria? Il mondo non percepisce lo smacco, lo show business della passione sportiva prevale, nessuno presta attenzione. Funzionarono le sanzioni sportive contro il Sud Africa dell’apartheid proprio perché osservate, e comminate, da tutti, o quasi, i paesi: e abile fu Nelson Mandela a fare dello sport, dall’atletica al calcio al rugby, bandiera di unità nazionale e riconciliazione. All’Italia fu chiesto di boicottare nel 1976 la Coppa Davis in finale contro il Cile, contro la dittatura di Pinochet. Adriano Panatta, nostro asso e uomo di sinistra, protestò invece in modo intelligente in campo, indossando insieme al compagno di doppio, il pacioso Paolo Bertolucci, una smagliante polo rossa, colore degli oppositori, e vincendo. 

 Obama e Hollande, con qualche altro leader occidentale, provano a contestare il regime autoritario di Putin, e le nuove leggi che angariano la comunità omosessuale. La causa è giusta ma, purtroppo, per scaltrezza, tempismo, furbizia, Putin li surclassa e anche sul caso Khodorkovsky vince la mano. Colpisce gli avversari, eccita «l’identità russa», poi abbozza gesti simbolici di pacificazione per impressionare i gonzi. Vince dunque oggi Putin ma, attenti!, convergono su Sochi – località cara ai classici romantici russi – migliaia di liberi giovani atleti: scommettiamo che uno o più di loro, sul podio o sulle nevi, riusciranno a lanciare un grido di libertà per la grande Russia, magari imitando Panatta in fantasia?