L’ esperto di politica militare Robert Kaplan prevede nel suo saggio “Monsoon” che il fronte tra Stati Uniti e Cina si aprirà nell’Oceano Indiano, con Pechino a varare una flotta d’alto mare per la prima volta nella storia e Washington a schierare le portaerei, in difesa delle vie del petrolio, del Golfo Persico e dei commerci nel Pacifico. Gli ammiragli americani e cinesi che studiano al computer le battaglie navali del futuro non si aspettavano però che le ostilità si aprissero subito in uno specchio d’acqua assai ridotto, 50 metri di lunghezza, con il cloro al posto del sale. La Battaglia Navale delle Olimpiadi di Londra è dichiarata quando la nuotatrice cinese Ye Shiwen nel vincere la medaglia d’oro nel 400 metri misti ferma il cronometro nell’ultima vasca della frazione stile libero a 28’’ e 93.

È vero che abbiamo definito i Giochi di Londra “Olimpiadi delle Donne”, per la prima volta tutte le nazioni hanno atlete in competizione, ma con quel tempo lo scricciolo Ye Shiwen, nato nel 1996, non ha solo stabilito il record del mondo, 4:28:43. Dopo una serie di vasche eccellenti, ma al livello di finale olimpica, ha acceso un incredibile turbo. La vasca finale, per capirci, avrebbe battuto quella della medaglia d’oro maschile Usa Lochte, 28:93 a 29:10. Lochte twitta incredulo «Wow, se fossimo stati insieme mi avrebbe sconfitto». E l’amico rivale Phelps ironico »Tempo fantastico».

Gli esperti di nuoto osservano scettici che i 400 misti non sono neppure la gara migliore per Ye Shiwen e allora l’Atalanta del nuoto, più veloce dei maschi come l’eroina del mito nella corsa, scatena i sospetti: doping? Come mai, si chiedono in tanti a bordo vasca dell’Aquatics Center, dopo tempi ottimi ma sempre nella norma, la Ye Shiwen si scatena a livello “maschile”, con un tempo che avrebbe vinto la medaglia d’oro tra gli uomini alle Olimpiadi ’64, ’68, ‘72? E qui comincia la saga che porta al sangue di tartaruga, ai bruchi e ai funghi: perché quando il nuoto cinese è stato sospettato di doping, la scusa è una dieta che comprende rimedi dell’antica farmacopea imperiale, inclusi quei bizzarri ingredienti.

La Cina è esplosa come potenza nel nuoto, 12 titoli su 16, ai Mondiali del 1994, allenatore del fondo lo sciamano Ma Junren, di cui nel mondo del nuoto si parla sempre un po’ a bassa voce. Respingendo le accuse di doping, Ma Junren indica la ricetta vincente nel super allenamento, erbe, spezie segrete e siringate di sangue di testuggine e bruchi allevati sui funghi (gli ingredienti variano nelle interviste, naturalmente…). Nel tempo libero Ma Junren vende aspirapolvere alla tv.

Quando le autorità sportive stringono i controlli, i cinesi risultano positivi al doping a ripetizione, 40 casi in 20 anni, troppi, malgrado nessuna squadra sia mai esente da sospetti. Nel 1995, ai Giochi asiatici, 7 cinesi risultano dopati e da Atlanta arriva solo una medaglia d’oro. Doping stoppato? Per un po’. Anche ora non tutti accusano Ye, John Lohn della rivista Swimming World, la difende parlando di «gara leggendaria e sospetti non fondati, troppi controllo ormai». Ma con 5 cinesi positivi nel 2009 e la sedicenne Li Zhesi positiva lo scorso marzo, che la macchina di Pechino non sia ancora pulitissima è possibilità non remota.

L’Associazione degli allenatori di nuoto Usa lancia già accuse nette, il tempo e la tattica della Ye Shiwen non sono ragionevoli. Vivo è il ricordo della nuotatrice irlandese Michelle Smith, una sconosciuta nel 1993 in un paese senza piscine olimpiche. Nel 1992, a Barcellona, la Smith si piazza solo diciassettesima nei 200 dorso. Poi sceglie come allenatore e sposa l’ex discobolo olandese Erik de Bruin, positivo a un controverso caso di doping da testosterone. «Chi decide cosa è l’etica? Perché il doping è immorale? Lo sport è sempre disonesto, c’è chi ha talento e chi no, e per eccellere deve ricevere un aiuto extra» questa la filosofia di de Bruin in un’intervista al quotidiano De Volkskrant nel 1993. Sarà stato l’amore, ma la Smith taglia 17 secondi, un’eternità nel nuoto, dal suo primato personale e agli Europei di Vienna 1995 vince 4 ori e 3 argenti, alle Olimpiadi di Atlanta 3 ori e un bronzo. Come Ye Shiwen, la ex mediocre irlandese, vince le medaglie lanciandosi in strepitose ultime vasche, cambiando marcia improvvisamente. Nei 400 stile libero, l’olandese Geurts conduce a lungo, finché la Smith non innesta il turbo. La fine è ingloriosa dopo altri due ori Europei ‘97, un controllo delle urine sempre rinviato, mascherato con pulloveroni da nonna, con Erik infiltrato in sala test, infine contaminato da un tasso di alcol tale che, se non fosse stato aggiunto in provetta per cancellare le tracce di doping, avrebbe stroncato la povera nuotatrice che scompare dallo sport.

Oggi i cinesi si difendono con il classico «così fan tutti», gli americani contrattaccano con un curioso punto liberista “i nostri atleti dopati lo fanno per scelta privata, i cinesi su comando statale”. Insomma la guerra che Kaplan prevedeva per l’Oceano Pacifico è già scoppiata all’Aquatics Center di Londra. Non aspettatevi che finisca prima della fine del XXI secolo in piscina e in alto mare.