Nel 1867, anno di nascita di questo giornale che ha festeggiato ieri 150 anni di vita, risuonava per la prima volta il valzer Danubio Blu, si apriva il Canale di Suez e un oscuro filosofo, Karl Marx, finiva la sua opera, Il Capitale. 

Sembrano uomini, idee ed eventi lontanissimi da noi, eppure le parole dedicate da tanti a La Stampa, i valori del giornale, rigore, servizio, raziocinio, risuonano intatti da allora a noi. John Elkann, aprendo la cerimonia, ha ricordato giusto «gli scoop», ancora frutto del lavoro quotidiano. 

Tutti nello storico Palazzo Madama di Torino hanno pensato al caos di Roma, dove l’assessore 5 Stelle Paolo Berdini sta per lasciare la carica, dopo l’intervista concessa al nostro collega Federico Capurso. Come un vecchio sottosegretario doroteo d’antan, l’urbanista che si vantava «Noi, in tempi rapidissimi, dobbiamo togliere tutte le opacità: la casa del Comune deve diventare una casa trasparente…» ha dapprima negato di aver rilasciato l’intervista, poi, sbugiardato dall’audio della conversazione, ha minimizzato ed infine ha chiesto scusa, ma alla sindaco, non al reporter calunniato. 

 

Le sue dimissioni sono state accolte con «riserva» e tutto sarà deciso, secondo il codice rituale da antichi mandarini 5 Stelle, da Grillo e Casaleggio jr. Nel gran baccagliare, girano a Roma molti nomi, e uno alla fine verrà comunicato alla sindaco Raggi perché lo nomini. 

I Cinque Stelle e Grillo sono prossimi ad essere il primo partito grazie a un’onda, autentica e passionale, di sincero disgusto per la corruzione, il ristagno della società civile, il merito negato dalla raccomandazione. Non è possibile oggi, qualunque sistema elettorale emerga dal Parlamento, escludere che un nome proposto da Grillo e Casaleggio jr. possa ricevere l’incarico di formare il nuovo governo. Questa responsabilità pubblica dovrebbe obbligare una forza politica nata - lo ripeteva sussiegoso Berdini - per la «trasparenza e l’onestà» a usare in casa propria queste virtù. Invece i 5 Stelle sono opachi come un fondo di bottiglia, controllano l’etica degli avversari con il microscopio e la propria ad occhi sbarrati. 

Casaleggio padre si illudeva che i 5 Stelle fossero esenti dalle nuove regole dell’informazione ubiqua e si vantò, in un’intervista al Corriere della Sera, che il web avrebbe imbrigliato i suoi avversari, liberando invece Grillo e lui. Sbagliava, e gli venne obiettato subito. Il mondo dei media digitali è comune forza di gravità, tutti ci avvince, costringe, regola. La crisi perenne che dissangua di speranze quel che resta della giunta Raggi, precocemente avvizzita, scoppia perché si è preteso di essere esenti dai normali controlli dell’informazione libera. Un’arroganza che da sempre, in Italia e fuori, è stata prodromo di guai grossi per i leader. La sindaco di Torino Chiara Appendino, che ha pronunciato ieri alla festa della Stampa con aplomb istituzionale un intervento acuto e raziocinante, ha sentito ripetere quanto libera stampa e libero pensiero restino le migliori medicine contro la corruzione. Lo ricordi a Grillo e alla sua collega Raggi: e loro, se davvero vogliono combattere i mali del Paese, la ascoltino con cura.