Donald Trump è entrato nel secondo dibattito per la Casa Bianca contro la Hillary Clinton con addosso una pressione enorme, dopo l'ennesimo scandalo con le sue vanterie su molestie sessuali inflitte per anni alle donne. Se l'è cavata, malgrado una partenza orribile, incerto, nervoso, aggressivo e ansimante, solo perché la base degli elettori repubblicani odia talmente la Clinton che nulla al mondo la staccherà dal sostenere il suo rivale.

Nei sondaggi, per ora, Trump resta indietro e il tempo scorre verso il voto di novembre, ma Hillary non gli ha inflitto stanotte il colpo del ko. In realtà non ci ha provato neppure, la Clinton sa che deve solo arrivare alle elezioni senza errori, senza colpi di scena che garantiscano la rimonta a Trump e dunque stanotte l'ha tenuto a distanza, senza eccessi, senza però gaffe costose. Attenti alla svolta da falco che Clinton ha annunciato su Russia, Siria, Iraq e Isis, parlando apertamente di armare i curdi e denunciando il sabotaggio che il Cremlino e Putin stanno conducendo nelle elezioni Usa a vantaggio di Trump con una serie di leak via web ben coordinati. Dopo Obama la Casa Bianca cambia strategia, ed è la vera notizia del dibattito. Trump è stato efficace ironizzando su Hillary che si paragona a Lincoln, dal film di Spielberg sullo storico presidente.

La sensazione a caldo è che il dibattito possa lasciare le due basi, repubblicana e democratica, intatte, senza troppi smottamenti ed è bene per Hillary. Ma ai repubblicani resta l'amaro in bocca perché l'ex First Lady -apparsa in forma e senza guai di salute dopo la polmonite- è un candidato poco amato e popolare. Qualunque repubblicano "normale", non Trump, avrebbe avuto contro di lei decenti chances di vittoria nel 2016. Ora è tardi.