Ho cercato l’America di Donald Trump all’autodromo Nascar di Martinsville, in Virginia, il vecchio Sud. Chiudono le poche miniere che restavano e Martin Dodson, meccanico disoccupato di Buchanan County curvo su una mostruosa Toyota da competizione, «700 cavalli, 16 valvole», è arrabbiato: «Viaggio con le gare, cercando lavoro. Voto Trump. Qui comandano le banche internazionali, Hillary chiuderà Nascar e ci leverà le armi, odia i machi». Son risalito a Nord, verso la contea Ulster, New York, dove capita che un orso nero attraversi l’autostrada, e per questo l’informatico Joseph Gallagher, a Andes, tiene un armadio di armi in casa, «Ho un fucile italiano Carcano-Mannlicher, come quello che usò Oswald per sparare a Kennedy». Al bar, già con le luci di Natale e il barista col cappelluccio di Trump «MAKE AMERICA GREAT AGAIN», Joe ordina solo birra locale, «Freak Tractor»: «Noi paghiamo per la difesa degli europei, che vanno in pensione a 50 anni. Messicani e robot rubano lavoro. Ho il rosario appeso allo specchietto retrovisore e mi prendono in giro, l’America è senza Dio. Trump perderà, ma non ci fermiamo, credimi».  

Tra gli uomini come Joe e Martin, orfani della classe operaia che nel 1945 creava il 50% della ricchezza mondiale, Trump trionferà, perché non credono - come sostiene il best seller di Hillary - che per educare un figlio «Serva un villaggio», pensano bastino papà, mamma, nonni. A Boston, davanti a un piatto di gamberi di Legal Seafood ascolto un capitano della polizia B. R.: «Io e i miei fratelli, uno nell’esercito, l’altro tra i commandos Berretti verdi, voteremo Trump. Hillary difende i neri che sparano ai poliziotti, Trump sarà anche pazzo, ma rispetta chi porta la nostra divisa». 

Il partito repubblicano ha sottovalutato il fiuto politico di Trump, volgare Trimalcione ma finissimo leader quando urla «L’antidoto a decenni di malgoverno di un pugno di snob è la volontà popolare. Il Paese ha tanti guai, ma la gente ha ragione e le élite torto».  

Con elisir populista Trump ubriaca gli elettori. Il futuro è opaco, l’economia stagna in Europa e in America non impingua i salari, Isis incalza, Putin fa il bullo, la Cina spadroneggia sul debito Usa, l’anidride carbonica fa record di inquinamento? Nel Virile Pianeta Trump la soluzione è uno scatto d’ira, al diavolo Nobel, rapporti Power Point e Big Data. La classe globale ha i suoi bollettini di condominio, «Economist», «Financial Times», Cnn, affolla i meeting Aspen e Davos, ma Joe e Martin si informano sui siti Tea Party, rinchiusi dall’algoritmo di Google tra siti chi la pensa come loro. 

Dopo avere cercato per un anno il segreto di Trump nell’America arrabbiata, lo trovo però a sorpresa dall’avvocato K., legale milionario di uno studio che domina con le sue vetrate Times Square, a New York. A passeggio su Park Avenue, codice postale dei miliardari 10021, questo campione della classe che Trump vuol sconfiggere spiega sottovoce «Anche io voterò Trump. Dopo la vittoria di Clinton, magari Donald farà i soldi con uno show tv, ma il trumpismo è appena cominciato. Perché non è una rivolta economica, è una rivoluzione, una restaurazione se preferisci, culturale. Lo studioso Justin Gest ha chiesto ai nostri elettori se voterebbero la piattaforma dei nazionalisti inglesi, «No all’emigrazione, lavoro Made in Usa per cittadini Usa, difesa dei valori cristiani, stop all’Islam», il 65% ha detto Sì. L’avvocato K. cita a voce alta uno studio dei professori Inglehart e Norris: «Dal 1980 non si vota più per appartenenza a una classe sociale, ma per identità culturale. Quanto guadagni non dice come voti - ecco il segreto di Trump -, ma come la pensi su nozze gay, clima, neri, emigrazione sì. Miliardari e poveri insieme, presidiano le due opposte barricate». 

Guardo l’elegante abito italiano dell’avvocato K.: la classe globale si appresta a governare con i sanculotti? «In America ci sono 3 milioni tra autisti di auto e bus e camionisti, è il mestiere più diffuso tra i maschi. Ieri Uber e Budweiser hanno completato la prima consegna di un carico di birra, in Colorado, un Tir robot, senza guida umana. Tu se fossi camionista con tre figli come ti sentiresti? Hai terrore per il mutuo e in tv ascolti una professoressa spiegare che il tuo mondo, maschio, testosterone, armi, chiesa, automobili, fa schifo e opprime l’umanità. 

Secondo Foreign Affairs, gli aderenti ai Tea Party, oggi con Trump, confermano che la loro motivazione politica non è economica, ma culturale, religiosa, etnica e razziale. Io voterò Trump, perché i soldi mi dividono dal tuo amico meccanico, ma su Dio, Patria, Famiglia la pensiamo allo stesso modo. Brexit nuocerà alla finanza inglese, gli elettori lo sapevano bene, ma hanno votato preferendo bandiera e tradizione al portafogli. Trump passerà, la rivoluzione che lo ha creato è appena cominciata e io voglio starci dentro fino all’ultimo».