I coloni francesi scacciarono gli indiani Irochesi da antiche valli, fiumi e laghi, avidi di pellicce e territorio, imponendo la pronuncia allo stato del Michigan, «sh» dolce. La metropoli di Detroit la battezzarono dal fiume Detroit, «le détroit du lac Érié» lo stretto sul lago Erie, e se l’inflessione parigina del XVII secolo fosse arrivata fino a noi, Eminem e gli altri rapper bianchi e neri, lamenterebbero rauchi il declino urbano di «Detruà». Troppo chic per gli emigranti polacchi, italiani, ungheresi, belgi, greci, ebrei, fino agli Yugos e Albos, rivali jugoslavi e albanesi arrivati per ultimi, in cerca di un posto di lavoro alle catena di montaggio dell’auto. 

Eminem canta dunque di «Detroit contro tutti… Negli ultimi tempi sembra che sia io contro tutto il mondo… ma anche se cerco di scappare dalla povertà della strada voglio restare qui… portatemi via con gli amici, alla concessionaria Mercedes». Eminem lavava i piatti da Gilbert’s Lodge, vedeva nel viale 8 Mile Road il confine tra borghesia e «white trash», la spazzatura bianca, cui apparteneva, le famiglie travolte dalla crisi della grande industria. Questa è Macomb County, e qui Hillary ha perso le elezioni contro Donald Trump. Non cercate lontano, cercate qui, Michigan, pronunciato in americano dai tanti, come Eminem, che alla prima superiore, bocciati tre volte, lasciano la scuola per sempre. 

A Macomb County, l’8 novembre 1960, il cattolico John Kennedy ebbe la migliore percentuale in tutta l’America contro il repubblicano Nixon, 63% a 37. Qui Obama vinse contro McCain e Romney e qui, la campagna di Hillary era certa di vincere, nessuno spot in tv, nessun comizio. Invece il 6 novembre, nello stupore dei suoi consiglieri che giudicavano il Michigan una causa persa, Donald Trump appare a sorpresa al Teatro Freedom Hall di Sterling Heights. A rivederlo da fuori adesso, vuoto, con il prato stento, qualche cartaccia in volo, un cestino colmo di spazzatura, sembra il monumento alla delusione democratica. Joey, uno dei guardiani, è anziano, vota democratico, «Stavo nel sindacato con mio padre, United Auto Worker. Facemmo lo sciopero per il “30 and out”, 30 anni alla catena di montaggio e in pensione, vincemmo e che bei soldi ragazzi, mutua, scuola, assunzione per i figli. Venivano da tutto il mondo, noi neri dal Sud. Al comizio di Trump vendevamo chili, la birra era vietata, ma girava lo stesso. Ha gridato che non era finita, che le vinceva lui le elezioni. Non ci credevo, ma ha avuto ragione. In sala ho visto tanti miei vecchi compagni, e i loro figli disoccupati». 

Quel che Joey osserva, esterrefatto, al comizio di Sterling Heights, allarmava già da tempo Debbie Dingell, deputata del XII distretto dove lavora la Ford-Mazda ma la GM ha chiuso una fabbrica e la città di Allen Park è in bancarotta. La Dingell si attacca al telefono, prova con Hillary, chiama anche Bill Clinton. Ha 28 anni meno del marito, John Dingell, che eletto nel XII distretto nel 1955 è recordman della Camera. Lui ricorda la Detroit che dai 426.000 abitanti del 1900 esplode a 2.200.000 in trenta anni. Lei è cresciuta nella Detroit che da 1.800.000 cittadini del 1950 crolla a 713.000 del 2010. Il Michigan ha perso tra il 2002 e il 2009 631.000 posti di lavoro, poco meno dell’intera Detroit. La Dingell prega la campagna di Washington di mandare Hillary, Bill, Obama, la Michelle, «Siamo alle corde, gli operai non ci votano dicevo. Non mi rispondevano. Alla fine han mandato Bill, siamo andati in giro a fare compere per incontrare gli elettori, troppo poco e troppo tardi!». 

Tanti tra quei 631.000 licenziati corrono da Trump, che accusa Hillary di essere il passato, e promette il ritorno dei tempi del «30 and out», salario, mutua, pensione. 56 anni dopo il record di Kennedy, Trump espugna Macomb County, 54% a 42 contro la Clinton. 48.348 voti che gli consegnano l’intero Michigan, per sole 13.107 schede di scarto. 

Non c’è stato nessun boom di Trump alle urne martedì scorso, Hillary è la seconda candidata più votata della storia, e solo 33.000 voti, in roulette fra Michigan, Wisconsin e Pennsylvania, hanno dato la Casa Bianca all’ex re dei casino di Atlantic City. Hillary ha perso dove Eminem lavava i piatti perché ha cercato la «valanga», vincere ovunque, anziché consolidare con prudenza i 263 punti elettorali che a lungo ha avuto in tasca. 

Ora tutti andiamo in pellegrinaggio dall’esperto professor Timothy Bledsoe, dell’Università Wayne State: «Ho il sospetto che il caso Macomb sia vero in tutto il Midwest. È la rivolta della classe operaia bianca, base della coalizione democratica da generazioni… al comizio di Sterling Heights Trump ha spiegato che la Gran Bretagna torna ricca con Brexit e l’America con lui, che le tute blu sono vittime della globalizzazione e lui rovescerà il sistema per loro». 

Eppure, nella rotta democratica, proprio in Michigan, a Detroit, il professor Bledsoe vede la base della riscossa democratica 2020: primi nel voto popolare, con 48 stati a 2 nel voto under 25, i democratici «devono guardare a contee come Oakland e Wayne, dove han vinto col 51% e il 66%. Macomb e le tute blu sono il passato, all’ultima carica pur vincente. A Oakland e Wayne c’è il futuro dell’America, donne, laureati, tecnici, cultura cosmopolita». Se Bledsoe ha ragione, la campagna elettorale 2020 comincia dunque a 12 Mile Road di Royal Oak, dove ammirate la massiccia torre e la basilica cattolica di Little Flower. Qui, negli Anni Trenta, dalla sua radio, il popolarissimo reverendo Coughlin avvelenava gli animi con una propaganda che anticipava i temi peggiori di Trump, «Non barattiamo la nostra libertà nazionale per accordi con gli stranieri che ci imbrogliano. Chiudiamoci al mondo e pensiamo alla ricchezza americana!». Padre Coughlin finì antisemita e filofascista, l’America di Roosevelt prevalse. Oggi sulla basilica del Little Flower sventolano i manifesti col sorriso di papa Francesco, a Royal Oak e alla vicina Ferndale vivono gay, single, tecnici esperti che lavorano alla fabbrica di carri armati M1, al sofisticato Tech Center della GM, disegnato dal maestro dell’architettura Eero Saarinen. La rabbia di padre Coughlin fu spenta dalle masse ottimiste del New Deal di Roosevelt e l’America si salvò da Depressione e dittature che travolsero l’Europa. Due Americhe, i delusi di Macomb e gli ottimisti digitali di Oakland, si affronteranno da qui al 2020. Ma primi diminuiscono ogni giorno, gli altri si moltiplicano, a patto naturalmente che i democratici trovino un candidato capace di unirli. E qui, vale la rima di Eminem, sono davvero per ora «soli contro tutti».