Stasera sapremo «chi» ha vinto le elezioni italiane 2013, ma seguendo i dati elaborati via twitter da Tycho, un progetto della Scuola Imt di Lucca e Linkalab, è possibile capire “perché” ha vinto. Studiando come i leader hanno occupato la grande conversazione sociale della Piazza Italia Web avete una finestra sul nostro futuro.

Il segretario del Pd Pierluigi Bersani, che twitta da @pbersani, occupa una spazio congruo alla sua campagna, che secondo i sondaggi lo vede favorito salvo sorprese. È un percorso senza picchi o discese, Bersani non ha voluto colpi di scena, non ha personalizzato la battaglia, ha detto no al duello tv con Berlusconi. Una strategia da passista del ciclismo, senza scatti ma cercando di restare avanti al gruppo e tenere la maggioranza alla Camera, puntando al Senato, magari, all’intesa con Monti. La scelta di portare intatta la forza Pd al traguardo, secondo i dati web, potrebbe funzionare: poi Bersani dovrà meditare sulle alleanze al centro, sul rapporto con l’ondata possente del malcontento gestito da Grillo, sui ceti medi produttivi legati alla destra, soprattutto in Veneto e Lombardia.

Opposta la scelta di Silvio Berlusconi: l’ex premier ha debuttato nel 2013 sui social media con una pagina Facebook curata da Antonio Palmieri e un account twitter non ufficiale @berlusconi2013. Guardate la curva, dopo il botto del no all’Imu e i successi picchi di attenzione. Berlusconi occupa il web a spallate, lo invade di sé e delle proprie proposte, incassa la satira ma torna protagonista dopo mesi grami. Nei siti di informazione a lui ostili riesce, perfino ieri con la contestazione a seno nudo e la gag della scrutatrice che non sorride, a prendere titoli. Considerate dal sito www.lastampa.it la mappa Tycho con la forte presenza di Berlusconi in Lombardia, Veneto, tra i ceti forti nel Pil e nell’export. A 20 anni dalla «discesa in campo» Berlusconi resta leader del centro destra.

La curva dell’attenzione social al premier Monti è parallela a quella di Bersani, costante ma più in basso. Manca a Monti, in questa retrospettiva, il colpo di spada, la capacità di tornare al centro non della politica ma dell’attenzione dell’opinione pubblica. Non si tratta di cosmetica di comunicazione, il Wow su twitter, il cane in braccio, queste sono inezie che colpiscono la fantasia dei reporter ma incidono zero, in positivo o in negativo, sulla massa profonda degli elettori. Gli alleati Casini e Fini si sono defilati, pur presenti e bene su twitter con @pierferdinando e @gianfrancofini, lasciando al premier il compito di rompere il ghiaccio. Ora la pattuglia parlamentare centrista dovrà capire come tornare a rappresentare le riforme economiche non come una purga dal cattivo sapore ma alimento sano per la crescita del paese.

Beppe Grillo e le 5 Stelle, forti di un blog iperattivo (anche se screziato da intolleranza verso i dissidenti) e di un ottimo account twitter @beppe_grillo, chiudono il poker dei leader. Dalle curve vi è evidente come Grillo diventi simbolo di una nuova politica e come la sua crescita impetuosa coinvolga, verso la fine della campagna, un numero sempre maggiore di elettori e di note sul web. Il picco che parte dal no all’intervista a Sky, le polemiche sui giornalisti italiani, la speranza di «mandare tutti a casa», impone Grillo come uno dei registi della prossima legislatura. D’ora in avanti però la rete, che tanto lo ha aiutato amplificando la sua popolarità televisiva, seguirà l’ex comico, e il suo consigliere Casaleggio, con occhiuto scrupolo, ogni giorno. Vedremo con che risultati.

Gli altri leader sono rimasti ai margini. L’ex magistrato Ingroia a contendere attenzione a Grillo, soprattutto picchiando sul no della sinistra radicale alle riforme di Monti, votate invece dal Pd, Maroni con la scelta quieta di passare in volata in Lombardia e tenere viva la Lega Nord. Più avrebbe potuto fare online Umberto Ambrosoli, sulla scia di Pisapia sindaco di Milano vivace sul web: lo staff ha diffuso solo gli appuntamenti, in un approccio anglosassone. Infine Oscar Giannino e l’harakiri su Master a Chicago, laurea in legge a Roma e Zecchino d’Oro farlocchi. Il web aveva seguito con curiosità la parabola liberista di Fare contro il declino, e il no alle tasse aveva attratto parecchi «influencer», gli utenti che guidano la discussione.

Ma quando, dopo la denuncia dell’economista Zingales sul curriculum vitae agli steroidi, invece che le idee del Nobel Milton Friedman è arrivata del Mago Zurlí, il web s’è infiammato, di elettori delusi, ultras a difendere Giannino, avversari irridenti. Picco importante di attenzione, ma purtroppo non nel senso che sperava chi sogna un mercato italiano meno asfittico.