Avete certo sentito parlare a questo punto, a meno che non viviate su Marte senza wi fi, del morso che l’attaccante dell’Uruguay Suarez, detto il Pistolero, ha inflitto al difensore italiano Chiellini, durante l’umiliante sconfitta dell’Italia al Mondiale. Sapete anche che Suarez è al terzo morso in campo, un Tyson seriale, il vecchio campione della box staccò un orecchio a un avversario solo una volta. Gli sponsor 888poker, sito di scommesse online, e Adidas, minacciano di rescindere i contratti pubblicitari con l’irruente giocatore, di cui si lamenta l’indole aggressiva che invano gli psicologi hanno cercato di imbrigliare. Ora la Fifa medita una lunga squalifica, dopo che in Inghilterra l’asso uruguagio è stato messo al bando per aver insultato un giocatore rivale dicendogli “negrito”, negretto.

Suarez è un recidivo razzista e antisportivo, un calciatore che –se nel calcio prevalesse lo sport- non giocherebbe più. La sua deplorevole vicenda non giustifica punto la mediocrità della squadra azzurra, ma la storia di Suarez, dai quartieri poveri di Montevideo, dove spesso le squadre son gestite dal racket della droga alla ribalta mondiale, è interessante. 

Un giornalista americano della rete tv Espn, Wright Thompson, ha curato un reportage su una vecchia storia che gira su Suarez: da ragazzo, 15 o 16 anni, avrebbe dato prova della sua aggressività con una testata che ha rotto il naso a un arbitro. Un gesto che costa automaticamente la squalifica a vita, una testata che avrebbe cancellato il nome di Suarez dal calcio. Ma Thompson scopre allibito che la storia è occultata da un muro di omertà. E quando finalmente riesce, tra mille depistaggi, a trovare il nome dell’arbitro, Luis Larranaga, si perde in un labirinto di no, silenzi, amnesie. Finché non rinviene una storia ancora peggiore: l’arbitro viene infatti ferito a testate in una partita, allora Suarez ha 15 anni, la federazione e il club, il Nacional,

L’attentato fallisce per puro caso, due banditi finiscono in galera e qui la traccia si perde. L’arbitro Larranaga non si fa trovare, capisce che non è aria, la federazione non ha più nessun documento dell’episodio, il presidente del calcio giovanile, avvocato, dice “non ricordo”. Il nome del ragazzo che rompe il naso all’arbitro, fino a scatenare un tentativo di omicidio è perduto, inutile ricercarlo nei faldoni. Era Suarez sì o no? Sì, suggeriscono testimoni, siti e giornali. No, ribattono altre fonti e documenti. Sì, sembra credere Thompson. Mettono tutto a tacere, solo un reporter locale insiste nelle rivelazioni e allora il cartello della droga gli manda un killer a casa, per ucciderlo.

Comunque la pensiate ecco la storia sconosciuta di Suarez, dalla testata fantasma, ai morsi fantasma, al fantasma del razzismo, un energumeno di talento.

Ritratto Di Un Serial Winner

Un viaggio alla ricerca di quel Luis Suarez che, quando non morde gli avversari, diventa il giocatore più interessante in circolazione.

Prima di parlare del tentato omicidio o del mistero dell’arbitro scomparso è bene spiegare come questa inchiesta è cominciata. Quando mi hanno chiesto di tracciare un profilo di Luis Suarez mi sono scontrato con una pila di documenti da leggere sul suo passato. A partire dai giornali scandalistici che gli danno del “Cannibale!” fino al New York Times che lo chiama Luis Alberto Suarez Diaz, il ritratto che se ne ricava è quello di un imbroglione pazzo e furioso. Se qualcuno prova anche solo a respirare nelle vicinanze di Suarez in area di rigore, questi andrà al tappeto manco fosse stato accoltellato. Una volta ha morsicato un avversario. Anzi, due volte. Inoltre, durante la sua infanzia in Uruguay, c’è stato un incidente di cui si è molto parlato e che sembra avallare l’idea che lo vuole completamente fuori di testa. Quando Suarez aveva 15 anni, in un partita tra squadre giovanili, è stato espulso dopo aver dato una testata a un arbitro, facendo sanguinare il direttore di gara “come un mucca”, a detta di un testimone. Nessun altro giocatore al mondo riesce a provocare delle reazioni tanto scandalizzate, soprattutto quando si sa così poco di quello che...

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