Gli editori italiani devono essere persuasi che i lettori non abbiano voglia di informarsi sul nuovo mondo digitale, ma desiderino invece schierarsi «pro» o «contro» la Rete, come se la discussione sul futuro online fosse l’ennesimo talk show «Non mi interrompa…» «Io non l’ho interrotta…» della rissa politica che ci degrada da venti anni. Così il libro del giovane studioso Evgenj Morozov vede il titolo inglese The net delusion, l’illusione della Rete, addolcirsi in italiano in un tenero L’ingenuità della rete, mentre il nuovo libro sui Big Data del giornalista dell’Economist Kenneth Cukier e del docente a Oxford Viktor Mayer-Schoenberger, che in inglese squilla un titolo ottimistico Big Data: a revolution that will transform how we live, work, and think diventa in italiano, nella traduzione di Garzanti un sinistro Big Data. Una rivoluzione che trasformerà il nostro modo di vivere e già minaccia la nostra libertà. Si punta sul pubblico spaventato dallo scandalo Nsa, le rivelazioni della talpa Snowden sul programma Prism con cui il presidente Obama ha analizzato informazioni sui cittadini, raccolte via web e tabulati telefonici. Il lettore sarà invece sorpreso nello scoprire che gli autori sono fan –perfino troppo entusiastici- dei Big Data e li considerano un’ondata positiva, che aiuterà scienza, ricerca, società, politica.  

 Prima di vedere se i Big Data sono panacea o epidemia, cerchiamo di capire che cosa sono, al di là delle paure e delle speranze: «Il concetto di Big Data nasce dall’enormità di informazione che ci circonda come mai e che viene usata in nuovi, straordinari, modi. Big Data è diverso da Internet, ma il Web rende molto più facile raccogliere e condividere dati. Big data è molto di più della sola comunicazione: l’idea è imparare da un’enormità di informazione che non riuscivamo a comprendere quando ne analizzavamo solo piccole quantità. Nel III secolo avanti Cristo, la Biblioteca di Alessandria era considerata la summa della conoscenza umana. Oggi disponiamo di abbastanza informazione per dare a ciascun essere umano 320 volte di più del sapere contenuto ad Alessandria, 1200 exabytes. Se copiassimo questi dati su dischi CD e li mettessimo in colonne, potremmo formarne 5 alte dalla Terra alla Luna». 

 Ogni volta che mandate una mail, pagate con carta di credito, passate al supermercato, all’Anagrafe, in Chiesa, allo stadio, telefonate, comprate un’aspirina, votate, contribuite ai Big Data. Google sa ormai quando, e dove, scoppieranno le epidemie di influenza analizzando i Big Data dalle ricerche che la gente fa online: se ci si informa in massa di sciroppi, termometri, febbre, arriva l’influenza. La Borsa capisce se un titolo sale o scende usando Big Data. Obama e il suo segretario di Stato Kerry hanno usato i Big Data dai social media per provare l’uso dei gas di Assad in Siria. Un team dell’Imt di Lucca, qui sulla Stampa, ha registrato via Big Data e twitter la rimonta di Silvio Berlusconi con la proposta di abolire l’Imu: per giorni, il leader Pdl monopolizza la conversazione sociale e crea consenso. 

 Grazie ai Big Data, mandando a ogni cittadino simpatizzante democratico messaggi diretti, personalizzati, Obama ha vinto le elezioni 2012, e ogni politico futuro ne seguirà l’esempio. Cukier e Mayer-Schoenberger raccolgono casi di uso positivo di Big Data, dalla prevenzione degli incendi, alla manutenzione stradale, alla riduzione del costo dei biglietti aerei. Il baseball compra e vende giocatori solo grazie ai Big Dati e Mancini, al Manchester City, ha cambiato il modo di battere i corner dopo avere analizzato i Big Data dei tiri dalla bandierina: la sua squadra ha segnato 15 gol in più. 

 Al di là degli aneddoti, il lettore dovrà riflettere sulla vera, profonda, rivoluzione Big Data. La scienza, la statistica, la sociologia, le nostre analisi, si basano da sempre su pochi esempi, esperimenti in laboratorio o sondaggi tra il pubblico, da cui l’analisi trae le sue conclusioni. Da come un campione di pazienti reagisce a un certo farmaco i medici ne deducono l’efficacia. Da quale politico certi elettori favoriscono, i sondaggisti estrapolano un sondaggio. Dalle scelte di consumo di un focus group di clienti, un’azienda decide se lanciare o meno un prodotto. Big Data cambia la prospettiva: se potessimo sapere come «tutti» i pazienti, «tutti» gli elettori, «tutti» i consumatori -«n=tutti» in gergo statistico- si comporteranno, come muterà il nostro giudizio? 

 Big Data è una sfida per le nostre società, i cittadini, la cultura, non senza problemi. Chi controlla i Dati, lo stato, le aziende, i monopoli? Come possono i cittadini difendere la privacy, mentre usano social media gratuiti, che regalano accesso in cambio di dati da vendere ai pubblicitari? E, per la scienza e la cultura, come possiamo analizzare, comprendere, sintetizzare un oceano di dati, che però poi tocca a ciascuno di noi digerire? Cukier e Mayer-Schoenberger offrono una valida introduzione per capire cosa sono, come funzionano e dove ci porteranno i Big Data. Se una critica si può fare al libro è l’esatto opposto del fosco titolo che gli è stato affibbiato, eccesso di ottimismo e poca critica per quel che la democrazia dei Big Data può significare, smorzando il dibattito e trasformando le elezioni in marketing. Un libro da leggere, su un tema che sarà con noi a lungo e di cui questo giornale, per primo in Italia, è stato laboratorio.