L’Italia non è mai stata – come l’America è invece ancora – divisa dal Kulturkampf, la guerra culturale sui temi etici.  

 Provò a farlo, 40 anni fa, un leader altrimenti pragmatico, il democristiano Amintore Fanfani ai tempi del referendum sul divorzio, quando arringava le piazze in Sicilia «Se il divorzio passerà… sarà perfino possibile il matrimonio fra omosessuali e magari vostra moglie vi lascerà per scappare con qualche ragazzina». Benché lo storico inglese Paul Ginsborg, con una strizzata d’occhio a frusti cliché, ricordi a «Caltanissetta, una platea di agricoltori con tanto di coppola e baffi», in Sicilia il divorzio vince, sia pure di misura, 50,5% contro il 49,5% all’abrogazione. Dimenticato invece ormai nella memoria collettiva come gli antidivorzisti vincano al Nord, in Trentino e Veneto, oltre che al Sud in Campania, Calabria, Puglia, Basilicata, Molise.  

 Nessuna di quelle battaglie però, neppure quella assai più drammatica sul piano morale dell’aborto, ulcera il paese. Leader di sinistra, come l’ex premier socialista Giuliano Amato, parleranno sull’interruzione della gravidanza in modo vicino alla sensibilità cattolica, con la vita come valore assoluto. E il vecchio Sud, eleggendo due governatori omosessuali con Vendola in Puglia e Crocetta in Sicilia prova che «coppole e baffi» convivono con una società aperta. 

 L’inizio del XXI secolo ha visto invece un’alleanza bizzarra tra la gerarchia della Chiesa italiana e una parte del centro-destra di Silvio Berlusconi. Con la legge 40 (definita dalla rivista Foreign Policy «la peggiore al mondo») e certi toni alti sui temi etici, si è tentato di «americanizzare» il dibattito, trasformando il prudente buon senso italiano (che i critici definiscono invece mollezza cattolica di casa nostra) in muro contro muro radicale. Allora, curiosamente, si preferì l’alleanza con politici dai comportamenti personali assai poco vicini alla morale cristiana, concentrando invece gli attacchi aspri su Romano Prodi, credente convinto, sposato fedelmente con la signora Flavia, unito in nozze proprio dall’allora presidente Cei cardinal Ruini. 

 Il compromesso, infelice e artificiale, non ha messo radici. Pian piano le leggi di quella stagione cadono, ultimo il divieto sulla fecondazione detta «eterologa», sotto i colpi della Corte Costituzionale, dei tribunali, di un mutato clima nel paese e nella Chiesa con il papato di Francesco. Il Santo Padre non ha mutato di una virgola la dottrina rispetto ai suoi predecessori Giovanni Paolo II e Benedetto XVI: ma muta impetuosamente clima, linguaggi e sentimenti, rendendo impossibile il ritorno al Kulturkampf. Chi segue da vicino le vicende della Chiesa cattolica americana, a un passo nell’ultima stagione di papa Ratzinger dal mettere sotto processo anche le benemerite suore che animano la vita religiosa delle comunità, testimonia del passaggio epocale. 

 La politica arranca ovunque, la ministro Lorenzin parla dei necessari aggiustamenti ora che i nati «post 40» dovranno essere garantiti dalla legge: ma almeno viene abolita l’odiosa discriminazione per cui, chi aveva i soldi per viaggiare, poteva farsi assistere nella maternità all’estero, i poveri erano condannati a restare sterili, come il giunco biblico. Quel che è curioso, mentre in Italia comincia un cammino che porterà a forme di unioni civili anche tra coppie omosessuali, è quanto la politica stenti dietro l’evoluzione della società. Il premier spagnolo Zapatero, che a forza provò il sentiero opposto a quello dei paladini della legge 40, accelerando troppo le riforme, non vide che avrebbe fatto bene invece ad occuparsi di economia, mentre il paese procedeva nel clima dei film picareschi di Almodóvar. 

 In America il declino, lento ma inesorabile, della pena di morte, e l’altrettanto inesorabile lievitare delle leggi sui matrimoni gay, non arrivano da una crociata della Casa Bianca, o da coraggiose leggi del Congresso. Sono le comunità locali, le organizzazioni «grassroots», dal basso, a far evolvere il senso comune. Così accadrà anche in Italia, con Parlamento e tribunali che, giorno dopo giorno, talloneranno un’opinione pubblica che matura diverse etiche e culture. 

 Non ci lacereremo, non ci siamo lacerati neppure nel 1974, con le massaie siciliane in fuga con la ragazzina lesbica inseguite dal marito baffuto, geloso e con la coppola in testa, come nelle caricature rivali di Fanfani e Ginsborg. La maternità assistita non è, e non è mai stata, gioco erotico perverso, egoista consumismo dei sentimenti, violentare la natura per gusto di dominio. È umanissimo desiderio di esser genitori, come l’adozione, ed è stato disumanissimo mutilare questa aspirazione in un paese dalle culle desolatamente vuote.