Se Flappy Bird, un gioco che ha come protagonista un uccellino che sembra uscito da una consolle Atari del ’86, ha scalato la classifica di App Store e ha tenuto milioni di utenti incollati al proprio smartphone (facendo guadagnare al suo creatore 50mila dollari al giorno), forse può insegnare qualcosa a giornalisti ed editori che cercano di districarsi nella migrazione al digitale? 

La butta sul ridere, ma neanche troppo, David Ho, editor per i dispositivi mobili e le nuove tecnologie del Wall Street Journal, intervenuto al seminario “News: Rewired”, che si è tenuto nei giorni scorsi, nel Microsoft Building a Londra, dove giornalisti di ogni parte del mondo si sono riuniti per ascoltare le voci più innovative di colossi come Bbc, Facebook, Buzzfeed, Reddit. 

In un momento di passaggio come questo, in cui va cambiando radicalmente la fruizione delle notizie, anche qualche regola aurea va rinnovata, suggerisce Ho: da “Show, don’t tell” a “Feel, don’t show” e porta come esempio un’infografica di The Daily, la prima pubblicazione per iPad, attiva dal 2011 al 2012, creata da News Corporation di Rupert Murdoch. Il tema era un sottomarino e si trattava di un’immagine statica, la cui particolarità era la lunghezza: era una delle prime grafiche progettate apposta per un dispositivo mobile, per leggerla tutta bisognava farla scorrere sempre più in basso e si aveva l’impressione di scendere sempre più negli abissi. “C’è qualcosa di significativo in questa esperienza. È questo ciò che chiamo dimensional storytelling”, dice Ho. Uno storytelling a tre dimensioni. “Il mobile è interazione fisica”, spiega, “è più che guardare uno schermo a due dimensioni, che si tratti di picchiettare freneticamente lo schermo mentre si gioca a Flappy Birds o di presentare le notizie con un’interfaccia grafica touch innovativa”. I confini fra corpo e dispositivi si fanno sempre più sottili, la wearable tech incombe e cambia anche il linguaggio: “Persino l’espressione “clicca qui”, è diventata obsoleta: suggerisce a quegli americani che impiegano sul mobile il 60 per cento del proprio tempo dedicato ad internet, che quel contenuto non è fatto per loro e per i loro device”. La creazione di una storia è ormai profondamente legata alle sue numerose modalità di fruizione oggi disponibili, alla web experience. “I giornali dureranno più a lungo dei siti internet, che probabilmente cambieranno. Il web si sta evolvendo in altre piattaforme ed esperienze, in una parola: nei moonshot”, profetizza il giornalista, riferendosi ai progetti ambiziosi, quasi fantascientifici, di Google X, il laboratorio semi-segreto da cui sono usciti i Google Glass e le automobili automatiche. “Giornalismo significa “moonshots” - dice - “È l’arte di raccontare storie in modo coraggioso, senza avere paura della tecnologia”.