"Caro Riotta, Hillary Clinton scende un’altra volta in campo e riprova a occupare la Casa Bianca non più come First Lady, ma come Presidente degli Stati Uniti. Quando si candidò nel 2007, gli americani avevano una gran voglia di cambiamento, cercavano un politico nuovo estraneo all’establishment, e furono sedotti da Obama, giovane senatore del Midwest, e dal suo «Yes we can».  

Probabilmente il nome Hillary Clinton è quello più autorevole a disposizione del Partito democratico, ma anche alla luce degli scandali che negli anni hanno toccato i Clinton, quante possibilità ha Hillary di farcela? E qualora riuscisse a diventare la prima donna Comandante in capo degli Stati Uniti, la sua politica in cosa divergerebbe da quella di Obama? Darebbe un’occhiata anche al programma elettorale che fu di Bill Clinton? Quale sostanziale novità apporterebbe la sua elezione? "

Michele Massa, Bologna

Gentile signor Massa, non è facile per un partito conquistare tre volte di seguito la Casa Bianca: il democratico F. D. Roosevelt ci riuscì per 4 volte (record impossibile con lo stop dopo due mandati), Truman fece cinque nel 1948. I repubblicani governarono dal 1980 al 1992 con Reagan e Bush padre e da allora iniziò l’alternanza con Clinton, Bush figlio e Obama. In America il presidente è capo del governo, ma anche monarca, simbolo di quel che il Paese vorrebbe essere. Hillary Clinton si chiamava da femminista Hillary Rodham, poi, per compiacere gli elettori nel rurale Arkansas sudista, Hillary Rodham Clinton e infine, dopo i successi del marito Bill, Hillary Clinton. Avvocato di grido, senatrice, Segretario di Stato, è preparata e pragmatica, disposta a cambiar politiche come cognome.  

La sua riforma sanitaria 1994 era così complessa da avere un testo lungo come l’elenco telefonico: sconfitta, abbandonò le ubbie stataliste in favore dell’armonia Mercato-Stato. Ha votato per la guerra in Iraq 2003, perdonata dalla base pacifista purché battesse i detestati repubblicani.  

Da presidente Hillary sarà centrista, attentissima ai sondaggi, impegnata sul ceto medio in crisi, muscolare in politica estera ma senza eccessi. Ideali ne ha ormai pochi, al contrario del primo Obama, ma ha esperienza. Se conquista il voto delle donne vincerà, come nel 2008 non riuscì, tradita da troppa sicumera.