Periodo di scioperi a ripetizione quello che si è aperta venerdì scorso. In piazza studenti, sindacati di base (con tanto di scontri di piazza alla manifestazione dei Cobas e assalti alle sedi diplomatiche tedesche per la vicenda Thyssen), il settore dei trasporti; la Fiom ha manifestato a Napoli e lo farà anche a Milano, la Cgil ha dichiarato sciopero generale. La scelta di Renzi di modificare il testo del Jobs Act difficilmente avrà ricadute sul comportamento della Cgil visto che lo scontro prolungato è stato annunciato da tempo e la via imboccata è di difficile ritorno, nell’immediato. E se il tenore sarà quello anticipato dalle 23 giornate senza lavoro già trascorse per gli operai AST di Terni non potrà che apparire sempre più comprensibile il paragone con l’autunno caldo di 45 anni fa.

Rispetto a quella stagione tutto è cambiato. Se allora Fiom Fim e Uilm ponevano l’unità sindacale alla base della lotta per il rinnovo del contratto dei metalmeccanici, la dichiarazione dello sciopero generale da parte della Cgil ha fatto riemergere la distanza con le altre due grandi confederazioni, che si sono sfilate nel giro di pochi minuti.

Infelice, al di là delle intenzioni, si è rivelata anche la scelta della data, che apre 4 giorni senza lavoro, per chi sciopera e non ha turni il sabato. Un boomerang sulla rete, che il sindacato stenta a riconquistare e dove scoppiano ironie. A questo, secondo le parole dell segretario Susanna Camusso, sarebbe dovuto servire lo sciopero proclamato, che invece nel cinismo creativo degli utenti di twitter si è trasformato in un deprecabile #scioperoponte e #scioperoimmacolato.

Una querelle ripresa con meno intensità da giornali e televisioni, ma che consacra comunque l’impostazione mediatica del confronto. Il merito delle questioni sembra escluso dal dibattito. Lo dimostra la lunga discussione seguita al tweet lanciato da l’Espresso contenente la denuncia di “autolesionismo”:

Il paradosso del ponte che divide appassiona; ma l'occasione è soprattutto per riflettere una volta di più sul ruolo del sindacato nelle economia del Paese.

È quella di riempire la piazza la funzione principale del sindacato? È  quella di cui il mondo del lavoro sentiva la nostalgia? Era diverso tempo che non si assisteva infatti a movimentazioni così diffuse.

Conviene comunque ricordare che in Italia lo sciopero è un diritto individuale ad esercizio collettivo, sancito dalla Costituzione e regolato più dalla giurisprudenza che dalla legge (eccezion fatta per i servizi essenziali). Scioperare significa sospendere il rapporto contrattuale e quindi rinunciare a parte della retribuzione. Si può anche ricordare che la scelta del venerdì, indipendentemente da ciò che succede il lunedì, è diffusa e serve ad aumentare le adesioni. Escamotage di cui però, come ricorda oggi il giuslavorista e parlamentare Pietro Ichino, non c’era particolare bisogno negli anni Settanta, spesso rievocati in questi giorni.
I numeri dello Yearbook of Labour Statistics dell’ILO, fonte di riferimento in materia di scioperi e serrate, convalidano l’interpretazione secondo cui a partire dalla storica sconfitta della cosiddetta marcia dei 40mila quadri Fiat (1980), la mobilitazione dei lavoratori in Italia si è fatta via via più rara e difficile

Giorni non lavorati causa scioperi e serrate (fonte: ILO Laborsta)

Questione culturale oltre che normativa. Lo si vede anche al confronto con la Germania, insieme all’Italia il paese più industriale d’Europa, recentemente attraversato da un ondata di scioperi di eco internazionale, con anesso dibattito sulle regole.

Per i viaggiatori tedeschi ottobre è stato un mese travagliato, con lo sciopero dei macchinisti dei treni proprio nel weekend d'inizio delle tradizionali ferie d'autunno: 50 ore di astensione,configurano la mobilitazione più significativa del settore dal 2008. Non fosse bastato a provocare disagi alla mobilità, si sono aggiunte le astensioni dal lavoro dei piloti Lufthansa.

Forse anche sotto questo impulso il Ministro del Lavoro tedesco ha presentato una proposta, annunciata nel piano del governo Merkel già dal contratto di coalizione, per limitare gli scioperi nel caso di conflitti all’interno della stessa azienda. Obiettivo evitare che sigle minoritarie possano paralizzare intere aziende.

Chi volesse approfondire la regolamentazione dello sciopero negli altri Stati trova tutto riassunto qui (ETUI, Strikes rules in the EU 27), ma stando alla Germania ciò che rileva è proprio che l’astensione dal lavoro deve necessariamente essere legato ad un contratto collettivo, mentre illegale è lo sciopero politico. In Italia invece la Corte Costituzionale ha riconosciuto il principio anche di questa forma di protesta.

Ma se sull’onda del successo di partecipazione registrato la Cgil vede nello sciopero del 5 dicembre un’opportunità di mobilitazione sociale, la perduta unità rende più difficile l’obiettivo. Il caso della Germania suggerisce che la centralità del sindacato si conserva e si esprime sul territorio, nelle contrattazione, senza che questo significhi l’impossibilità di manifestare le proprie ragioni in ambito generale. Secondo questa logica, da qui potrebbe partire il recupero del consenso nel sindacato in Italia. Gli addetti ai lavori sono concordi, perché allora se ne parla cosí poco?