John Rockefeller, fondatore della dinastia Standard Oil, diceva da ragazzo a Cleveland, Ohio, «Ho solo due ambizioni, guadagnare 100.000 dollari e arrivare a cento anni». Morirà nel 1937, due anni e due mesi prima di doppiare il secolo, ma con un patrimonio stimato da Forbes in 340 miliardi di dollari rivalutati al 2015 che fa di lui l’uomo più ricco della storia, quattro volte Bill Gates, «Titano del capitalismo» secondo lo storico Chernow. Il suo schivo nipote, David Rockefeller, compie invece il secolo che ha eluso il titanico nonno, e oggi celebra l’evento regalando un’oasi naturale al Maine, dove passava le vacanze da scolaro.

Figlio di John Rockefeller junior, magnate che lascia il petrolio già nel 1910 per dedicarsi alla filantropia e all’arte, costruendo il Rockefeller Center a Manhattan, David è un bambino schivo, senza amici, che a New York vive più con le tate che con i compagni, va in monopattino a scuola, dona tacchini ai poveri per il Ringraziamento, sempre scortato da un austero chauffeur. In Maine sogna le avventure nei boschi con il fratello Nelson, futuro governatore di New York e vicepresidente repubblicano, ma - confessa nella sua autobiografia «Memoirs»- «Nelson raramente si accorgeva di me». Per distrarsi cataloga insetti. Ammesso, come diritto dinastico, all’università di Harvard, prenderà solo una A, voto massimo, in entomologia.

Il dottorato in economia
Con un dottorato in economia a Londra, David Rockefeller entra alla Chase National Bank (poi Chase Manhattan), da sempre legata alla famiglia. Resta timido, un po’ come se considerasse i clienti e i partner che si susseguono nelle stanze foderate di ebano e quercia, scarabei umani, coleotteri della finanza alla Kafka, con cui concludere affari, ma senza calore umano oltre la gentilezza. Il critico David Brooks lo definisce «l’ultimo dei Wasp», gli anglosassoni protestanti, custode del garbo, «understatement», toni pacati. Nel 1933 assiste in Germania a un comizio nazista e prova «sconforto». Nel 1968, contestato da una folla urlante di studenti - i suoi figli schierati con il movimento, Abby, la seconda nata, castrista, femminista radicale, «segregazionista sessuale» - si limita a definirli «Non obiettivi». Perfino innamorarsi della futura moglie, Peggy McGrath, è appena «un piacevole diversivo».

La missione in Libia
Il mondo ha un equilibrio, come la Natura degli insetti, e Rockefeller non intende, da un secolo, alterarlo. Fa affari con l’Unione Sovietica e, quando Nixon apre i confini nel 1972, con la Cina. Parteciperà nel 2005, con Franco Bernabè, uno degli amici italiani, il più antico l’avvocato Gianni Agnelli, alla prima missione in Libia, cercando contratti con Gheddafi. Gli rimproverano, volta a volta, di aver protetto il diplomatico Alger Hiss, accusato di essere una spia del Cremlino, o lo Shah di Persia. Non si difende, per lui «destra» e «sinistra» sono luoghi ideologici che non entrano nello spazio del potere. Al limite, se serve, un assistente può regalare a un funzionario cinese una valigetta imbottita con 50.000 dollari, in cambio di un’ora con l’ambasciatore.

Da ragazzo lavora con il leggendario sindaco di New York Fiorello La Guardia, che gli presta lo studio in cambio di credenziali Wall Street, ma quando i giapponesi attaccano Pearl Harbor, nel 1941, anche David Rockefeller si arruola, capitano decorato in Africa Settentrionale e Francia. La sua vita, dopo gli scontri alla Chase tra chi vuole innovare con lui nel mercato globale e i vecchi banchieri in cilindro e giacca a code - «sfiorammo l’inciviltà» ammette mesto - è la costruzione del World Trade Center e la filantropia, musei, scuole, ospedali, un miliardo di dollari in beneficenza. Quando suo fratello Nelson, ammirato da bambino, divorzia e muore poi in compagnia della segretaria Megan Marshack, tra mille pettegolezzi, il timido David annuncia «Da ora il Patriarca sono io». E da patriarca opera al Council on Foreign Relations, al gruppo Bildeberg (per la passione dei complottisti), nella diplomazia personale con Golda Meir, Nasser, Kissinger, Gorbaciov. Il Fato, così generoso, non risparmia al Patriarca i dolori, il nipote Michael annegato in Nuova Guinea tra i cannibali, il figlio medico, Richard, schiantato con il suo aereo l’anno scorso.