«Uomo ricolmo di odio»: così il presidente Barack Obama ha definito Omar Mir Seddique Mateen, il cittadino americano di origine afghana che ha ucciso, con un mitra Ar-15 Rock River Arms, 50 persone, ferendone 53, in una discoteca gay a Orlando, Florida, nella strage più sanguinosa con armi da fuoco. 

America e mondo provano a capire di che natura fosse quell’odio così bruciante, esercizio di coscienza che, da ieri, consuma il web. Capirlo ci dirà tanto sulla campagna per la Casa Bianca 2016, la guerra culturale che spacca gli Stati Uniti, la difficoltà dell’Occidente nel combattere la rivolta del fondamentalismo islamico e Isis, sua avanguardia. Mateen ha chiamato il 911, numero per le emergenze, dichiarandosi militante Isis e siti fondamentalisti lo rivendicano come «martire». Il lettore non ascolti le propagande: Isis non è come le Brigate Rosse, cui si accedeva dopo lungo tirocinio. Il portavoce Isis Abu Muhammad al-Adnani, invita chiunque a colpire: «Inshallah, farete del Ramadan un mese di dolore per gli infedeli, senza limitarvi ai militari ma uccidendo anche civili». L’Fbi indaga un «atto di terrorismo», vuol scoprire se Mateen fosse legato direttamente a Isis, ma è, alla fine, poco importante, perché la rete del terrore è aperta, informale, chiunque ne può far parte dichiarandosene militante. Vacuo dunque il dibattito «Terrorismo?», come se ci trovassimo di fronte ai commando di Settembre nero del 1970, addestrati per anni. Abbiamo davanti un nemico senza volto, ubiquo, dagli altipiani afghani, al deserto tra Giordania e Iraq, alle nostre periferie, ovunque un telefono cellulare abbia banda per Internet. 

 

 

Al tempo stesso però, il bersaglio di Mateen è un simbolo, un’icona. Non una base militare, non Wall Street, una discoteca gay, il Pulse, fondato da Barbara Poma per ricordare il fratello John, morto di Aids, «Siamo italiani, famiglia prima di tutto, Pulse vuol dire batticuore», dove si balla e ci si innamora, «Un posto pulito, bravi ragazzi» dice piangendo il DJ salvo per miracolo. Non ascoltate chi si perde tra «terrorismo» e «omofobia», accecato da paraocchi ideologici. L’omofobia feroce è pilastro centrale dell’islamismo fondamentalista, applicata con crudeltà, torture ed esecuzioni, da Isis, come ricorda lo studioso Ghanem Nuseibeh. 

 

 

Omar Mir Seddique Mateen, uccidendo i giovani felici nella movida, ci illustra con involontaria lucidità politica la strategia islamista, in Occidente e fuori. Impedire la tolleranza, stile di vita democratico in cui gli individui vivono in libertà, ciascuno a suo modo e secondo la propria personalità, cultura, fede religiosa e idee politiche. Molti osservatori, anche in buona fede, si illudono che il fondamentalista possa «negoziare», magari un accordo in Palestina, il ritiro dall’Afghanistan o dal Medio Oriente, potrebbero indurlo a miti consigli. Sciocchezze. Ogni misura diplomatica deve essere presa contro il reclutamento fondamentalista, ma la rivolta islamista non cederà, se non la sradichiamo. È filosofia apocalittica, arma i ragazzi della porta accanto a San Bernardino e alla Maratona di Boston, non emarginati, poveri, impiegati, studenti, casalinghe, gente «normale» che sceglie di «battersi contro i Crociati». 

 Gay, donne, bambine a scuola o in palestra, chiese e sinagoghe, imam non fondamentalisti, giornali come Charlie Hebdo, teatri come Bataclan, ogni momento della nostra vita libera che il fondamentalista trova blasfemo, sono bersagli benedetti da Isis. Per polizia, intelligence, esercito, battere quello che in gergo militare si chiama «swarm», sciame di insetti, è un dilemma, ogni giorno possono sorgere dieci, cento, mille Mateen ignoti. Decisivo sarebbe agire uniti, mostrare al fondamentalista anonimo che la democrazia è più forte. Ci riusciremo? Ci riusciranno gli Stati Uniti? Ieri, mentre Obama parlava di «terrorismo» ma senza citare il «fondamentalismo islamico», come sua prassi, il candidato repubblicano Donald Trump lo invitava alle dimissioni. Seppure non nei toni estremi che gli son soliti, Trump ha evocato il bando ai cittadini Usa di fede musulmana e l’albo che dovrebbe registrarli. Hillary Clinton ha provato a chiedere cordoglio e unità, ma conservatori e progressisti si sono insultati a vicenda, usando Islam e gay come totem.

 

 

Questo tono petulante e intollerante - echeggiato in Italia nei commenti, agghiaccianti, che hanno accompagnato il tweet di solidarietà del premier Renzi - è la breccia attraverso cui i fondamentalisti, da Isis a Mateen, possono vincere. Hanno di mira la tolleranza, se in Occidente prevalessero le voci dell’intolleranza, rauche e goffe, di qualunque colore, il fondamentalismo si imporrà, dapprima sul campo, poi nelle idee. L’America si è scoperta ieri avamposto nell’offensiva islamista per l’egemonia, geopolitica e dei nostri animi. Ha energie, ideali e morali, per vincerla e lo farà. Non lasciamola sola, il suo nemico è il nostro.