Gianni Riotta risponde su La Stampa alla domanda di Sonia Bassi:

Gentile Riotta, 

leggo delle ingerenze russe nella campagna elettorale Usa, di fake news, di tentativi di intromissione nel voto francese, tedesco e italiano. Chi c’è dietro davvero? Un esperto di informatica come Evgenij Morozov è scettico sulla guerra cibernetica, e lei che cosa ne pensa?

La risposta di Gianni Riotta: 

Gentile lettrice, 

il mondo dell’intelligence e della propaganda è, da sempre, pianeta di specchi, fumo e ombra, dove realtà e miraggio si intrecciano con abilità. Che il Cremlino del presidente Putin, tra oppositori eliminati nell’ombra, diplomatici morti prematuramente e un sistema politico bloccato da decenni, usi le fake news è un fatto, non più, ormai, un’ipotesi. La disinformatia dell’Unione Sovietica era magistrale, ha visto il film «Il Ponte delle Spie» di Spielberg, con il ricordo del carismatico agente segreto Abel, catturato in America e scambiato con Powers, pilota dell’aereo segreto U2? Bene, per me, che di fake news mi occupo da tempo, il libro migliore per comprendere il fenomeno resta il vecchio diario dell’ex agente sovietico Kirill Chenkin, pubblicato nel 1982 da Adelphi, «Il cacciatore capovolto». Chenkin, combattente nella guerra di Spagna e troppo gentile per servire nello spietato servizio segreto stalinista, diventa però amico del «colonnello Rudolf Abel» e ne racconta la storia con brio e passione. Mosca sa capovolgere con efficacia realtà e immagine, fa dei due coniugi americani Rosenberg, due vere spie travolte in tragedia, martiri innocenti acclamati nel mondo, riesce a far passare la stampa Usa per propaganda del capitalismo, mentre gli orrori dei gulag assurgono a sacrifici effimeri verso il socialismo felice. 

Nessuno riuscirebbe a spacciare fake news in Russia, perché in Russia, dai tempi in cui la polizia segreta dello Zar diffondeva il libello antisemita «Protocolli dei Savi di Sion», nessuno crede alle notizie spacciate dal potere. Ma la scettica opinione pubblica americana ed europea è avida di «contro informazione», e questa critica legittima contro il potere, espone alle bugie interessate. Vada al cinema ora a guardare «The Post», nuovo film sul mito del Washington Post ai tempi del presidente Nixon e dello scandalo Watergate: c’era fiducia nei giornali, oggi perduta. Sono suo amico e stimo Morozov, ma la guerra cibernetica c’è già stata, c’è e continuerà, sottotraccia, solo occhi esperti alla Chenkin sanno riconoscerla. Putin sa che non crediamo quasi più a nulla e usa a suo vantaggio la nostra mancanza di fede. Fiducia e verità sono la medicina contro le false notizie, cinismo e menzogna i suoi untori.