I dati riportati dall’ultima rilevazione Eurostat sulla produzione industriale inducono a un cauto ottimismo nei confronti dell’economia Italiana. Pur lontana dai ritmi delle migliori (Irlanda +4.6%, Ungaria +3.3% e Crozia +2.7%), a novembre 2014 rispetto a ottobre la produzione è cresciuta dello 0,3%. Dato che colpisce se paragonato allo 0% della Germania e ai decrementi di Spagna e Francia. L’incremento Italiano è inoltre superiore a quello della media dell’area Euro (0,2%).

Produzione Industriale: variazioni rispetto al mese precedente.

 

Se si allarga però lo sguardo alla serie storica, ci si accorge che non si tratta di un risultato eclatante. In Europa anche ottobre aveva conosciuto un incremento dello 0,2% e complessivamente il trend è in lenta risalita da febbraio 2013. Anche a giugno 2014 inoltre l’Italia aveva visto un aumento dello 0.9%, superando già allora la Germania (+0,4%).

Se si prende poi come riferimento lo stesso mese dell’anno precedente, l’Italia nel semestre presenta un indice negativo per tutti i mesi, eccetto giugno. Le fanno compagnia Finlandia e Grecia, Paese quest’ultimo che sembra però aver imboccato di nuovo la strada della crescita, come testimonia il dato di novembre.

 

 

Produzione industriale: variazioni rispetto allo stesso mese dell'anno precedente. 

 

Tra i grandi, l’Italia è sola nella rincorsa alla crescita. I dati sull’anno attenuano quindi la controtendenza degli ultimi dati Eurostat rispetto ai quelli indicati dall’Istat che hanno segnalato un mercato del lavoro fermo negli ultimi due mesi del 2014.

A rinforzare il timido ottimismo ingenerato dallo sguardo sul breve termine, la scorsa settimana sono giunti però anche i dati di Unioncamere che annunciano addirittura una “svolta”. Secondo il sistema informativo Excelsior, nel primo trimestre 2015 le aziende prevedono assunzioni complessivamente per 209.000 posti. Considerate le 201.300 chiusure di rapporto stimate, i posti in incremento dovrebbero essere 8.400.

Una conseguenza anche dell’atteggiamento delle imprese che attendono l’entrata in vigore del nuovo contratto a tutele crescenti con i relativi incentivi. Tant’è che secondo le stime di Excelsior, il contratto a tempo indeterminato conoscerà un incremento maggiore rispetto ad altre tipologie contrattuali. Le assunzioni in più previste rispetto al I trimestre 2014 sono 6.600, mentre si fermano a 2.100 per il contratto a termine, a un pur significativo 2.600 per l’apprendistato e a 5.700 per la somministrazione.

Anche rispetto a questi dati sono doverose alcune precisazioni. Si tratta di un incremento legato non solo agli attesi decreti del Jobs Act, ma anche all’Expo. La stragrande maggioranza dei nuovi posti dovrebbe registrarsi infatti in Lombardia, in particolare nella città di Milano.

E’ la stessa Unioncamere a precisare inoltre che un aumento di 8.400 posti nel trimestre  non significa “ripresa vera e propria”, ma induce a ritenere che “per alcune imprese la ripresa dell’occupazione potrebbe essere incominciata”.

In effetti le nuove assunzioni sono poca cosa rispetto a quei 3,4 milioni di disoccupati rilevati dall’Istat, che non devono certo essere riassorbiti nell’arco di un trimestre, ma che aiutano i critici a ridimensionare la portata dei dati positivi.

Tra le analisi che ambiscono a spiegare quale sia il principale ostacolo italiano alla crescita solida, ve n’è una molto poco di moda rivolta al disinteresse per gli aspetti formativi. Un problema culturale proprio sia del mondo imprenditoriale sia di quello della scuola e che le riforme in atto stentano a porre al centro del dibattito. La ripartizione delle risorse della Garanzia Giovani e l’incondizionalità degli incentivi previsti nella legge di stabilità suggeriscono piuttosto il contrario. 

Non sono solo l’esperienza felice dell’apprendistato tedesco, le indicazioni del Cedefop o i report Education at Glance dell’OCSE a dimostrare la centralità del raccordo tra formazione e lavoro. Domani Adecco, l’agenzia per il lavoro più grande al mondo che si fa forte di un crescente utilizzo scientifico dei big-data, dedicherà un convegno al tema del fabbisogno professionale di talenti, sottolineando il fenomeno del "disallineamento globale del talento".  Secondo la compagnia si tratta di una delle sfide cruciali per il futuro delle aziende e dei Paesi. 

Stando ai rapporti Ocse l’allineamento tra percorsi formativi e professionali dovrebbe essere affrontato con particolare urgenza proprio dall’Italia. Lo stato della nostra economia, non domani o tra un trimestre, ma di certo tra qualche anno, dipenderà anche da questo.