La strage di Nizza innesca ormai un rituale conosciuto, come al tempo delle Brigate Rosse in Italia, quando ogni attentato era seguito, in modo ossessivo, dalle stesse, impotenti reazioni.
Il dolore e l'emozione scatenano solidarietà e commozione, il rancore populista cresce alla cieca contro profughi e "tutti i musulmani", l'Occidente, Usa ed Europa non fanno alcun passo avanti verso una strategia condivisa e credibile.
Quel che si nasconde al pubblico è che il tema è orrendamente complesso, non ci sono soluzioni facili, indolori, immediate. L'insorgenza islamista dura da quasi un secolo ormai, con fasi di crescita e declino, e ha come obiettivo la liberazione di un territorio dove instaurare la legge islamica, cacciare gli "infedeli", eliminare ogni pacifica tolleranza tra cristiani, ebrei, musulmani. All'interno della comunità islamica, infine, anche ogni differenza deve essere eliminata, sciiti, alawiti, sunniti moderati, solo i salafiti ortodossi violenti possono sopravvivere.
La natura della rivolta, da Al Qaeda (la rete, la base) a Isis (lo stato islamico) è aperta, non militante, inquadrata: dal centro, via il web, si lancia un richiamo all'azione e singoli individui, spesso incensurati, si mettono in azione senza particolare organizzazione alle spalle, o con confuse motivazioni. Charlie Hebdo, Bataclan, Bruxelles, San Bernardino, Orlando, Nizza, nelle loro profonde diversità sono però legate dallo stesso schema "aperto".
Per la polizia battere questo nemico è impossibile, arduo al meglio. O si "militarizzano" le nostre società, come l'Italia ai tempi della Legge Reale e del rapimento Moro, la Germania quando avanzava il terrorismo Baader Meinhof, Usa dopo 11 settembre 2001, o si resta impotenti. Ogni democrazia deve scegliere in un'equazione terribile, una curva su assi cartesiani iscritti LIBERTA' e SICUREZZA.
Isis sta perdendo terreno in Iraq e Siria, non per la presunta offensiva russa e di Assad che colpisce solo i ribelli anti Damasco (dati Institute for the study of war), ma per i raid guidati da Washington. In difficoltà sul campo rilancia con gli attacchi dei lupi solitari.
Leggerete le solite fole sul petrolio e i finanziamenti internazionali, son bubbole non abboccate. Isis ricava i suoi proventi maggiori dalle tasse che impone ai sudditi, dal pizzo che esige dalle aziende che operano nel territorio e solo dopo dal contrabbando di petrolio, spesso smistato via Siria.
I populisti, dalla Le Pen a Trump ai loro emuli di casa nostra, indicano nell'emigrazione e nei profughi il male (anche Oriana Fallaci, lo fece quindici anni fa). E' un errore, l'emigrazione non e' il Cavallo di Troia del terrorismo, al contrario e' il nostro Cavallo di Troia contro i fondamentalisti, diffondendo integrazione e tolleranza. Ma ignorare, come troppi hanno fatto, che tra gli immigrati, nelle moschee radicali, nei siti fondamentalisti, si diffondano odio e violenza è sciocco. Questi focolai vanno riconosciuti, sciolti, processati, subito.
Ma l'errore strategico da non compiere -ed e' il piu' diffuso- e' ostinarsi a credere che le scelte siano facili, a destra basta con gli emigrati, a sinistra pace in Medio Oriente e tutto passa. Scordatevi i propagandisti, se solo Israele...se solo Carter...se solo Bush... jihad non deriva da nostre scelte, e' una reazione apocalittica alla modernita', un problema del mondo islamico di rifiuto del presente e nostalgia del passato, persuasi che corrompersi con gli infedeli allontani il ritorno di un rapporto diretto con la divinita'. Isis crede che presto si combattera' la battaglia finale tra Bene e Male, tra Islam e i suoi nemici e ogni confuso ragazzino di periferia, come tanti ragazzi in Europa negli anni Trenta o in Italia negli anni Settanta, si crede in grado di dare la morte come avanguardia di questo scontro. Ha ragione chi dice che farsi attrarre da Isis in una guerra aperta in Iraq e' una trappola, ma sbaglia chi si ostina a non parlare di terrorismo islamista, usando eufemismi che smobilitano l'opinione pubblica. Fare i duri a parole alla Trump non serve, ma il nemico è islamista, motivato dalla religione, e negarlo come si ostina a fare Obama non serve.
Servono invece aggressivita' militare sul campo, migliore uso dei dati online, senza confondere la nostra privacy con il regalare al nemico le informazioni (come abbiamo fatto e facciamo per le fole di ideologi che nulla sanno del mondo orribile in cui viviamo e scambiano i cookie del loro sito con la libertà politica), battaglia culturale per confrontare i valori della societa' aperta con quelli dei nemici e provare la loro superiorita', credere in noi stessi, nella democrazia, nel senso profondo di una religione, cristianesimo, ebraismo, Islam, buddhismo, induismo, che non veda gli infedeli come nemici, ma un mondo di fratellanza.
Servono armi, serve polizia, serve mano dura, serve tolleranza, servono libri, servono computer e big data, servono controlli, servono borse di studio, serve repressione e serve liberta', serve pazienza, serve caparbieta'. Serve crede nel meglio della nostra cultura, non nel peggio del nostro futuro. I morti di Nizza, e quelli che seguiranno presto, ci aspettano a questa sfida: ne saremo capaci?