Nato a Brooklyn da padre iraniano e mamma ebrea, lo scrittore Saïd Sayrafiezadeh ha scritto un toccante e ironico saggio sulla rivista The New Yorker per raccontare il proprio imbarazzo e disappunto, quando al bar Starbucks il suo nome viene distorto sulle tazze di cartone nei più buffi modi. Finché un lettore non gli scrive, immagino tra il provocatorio e l’ingenuo, «Ma perché non dice semplicemente di chiamarsi Bob?» e Sayrafiezadeh ammette perplesso di «non averci mai pensato», di avere sempre creduto nella sola ortodossa grafia di Saïd, che solo un barista ha indovinato, vedendosi congratulare, stupito, dal felice scrittore. 

L’insistenza sul nome è la chiave della complessa psicologia di Sayrafiezadeh, americano che vuole a tutti i costi essere dentro l’America nevrotica, narcisa, multimediale e multiculturale del XXI secolo, senza però perdere neppure un rametto ancestrale del suo ramificato e diffuso albero genealogico. Ora Codice Edizione ne traduce il secondo libro, Brevi incontri con il nemico del 2013, dopo Quando verrà la rivoluzione avremo tutti lo skateboard del 2009, tenera memoria dell’infanzia con papà e mamma, che tanto per complicare l’identità del figlio, con Iran, odiato regime che ha sequestrato gli ostaggi americani ai tempi del presidente Carter, ebraismo e nome forestiero, sono socialisti militanti nel paese del capitalismo. 

Brevi incontri con il nemico è una serie di racconti, «short stories», genere in Italia trascurato («i racconti non vendono» lamentano gli editori), ma che in America continua ad essere vivo. Sono gli stralunati eroi della crisi economica, cuochi precari del fast food innamorati di cameriere anoressiche, soldatini confusi di guerre dalla strategia ancor più confusa di loro, diffidenti dai commilitoni che vanno sotto le armi solo per aggiungere una riga nel curriculum, quando decideranno magari di far carriera in politica. 

 

 

Un esercito dove gli scarponi non arrivano «dal contribuente» ma dagli sponsor, come le scarpe Timberland, ed è impossibile capire chi mai «vince» e chi «perde» e portare a casa la ghirba è utopia comune. Generazione senza speranze e bandiere, come il cuochino Ike che medita il giorno del diploma «Seduto in sala con altri 500 studenti, ebbi la scomoda consapevolezza di esser già stato consegnato a una vita di mediocrità… Sarei stato per sempre indistinguibile dagli altri…». 

Il lettore dovrà faticare per non cercare nella prosa di Sayrafiezadeh vaticini o giudizi per il successo elettorale di Donald Trump che, pur tradito dalla generazione dei giovani (ha vinto tra gli under 25 solo in due stati contro i 48 della Clinton) ha spiccato il volo verso la Casa Bianca giusto grazie allo smarrimento di chi si sente assegnato un destino di «mediocrità» nell’America del dopo Barack Obama e non si rassegna. Sarebbe però sbagliato leggere Brevi incontri con il nemico come identikit dei mali Usa, perché l’alienazione che racconta, vivere in un mondo che ha perduto l’anima per crescere e svilupparsi, è condivisa anche in Europa, nelle scalcinate mezze figure di Sottomissione di Houellebecq, o, in Italia, nel romanzo Ci meritiamo tutti del blogger Danilo Masotti (Pendragon), con la chiusura per fallimento e arresto del titolare della Nulla Spa e le avventure da Lazarillo del neo precario Mario Zanardi. 

Saïd coglie con classe l’ipocrisia di un’America che è in guerra ormai dal 2001, in Afghanistan, in Iraq, in Siria, in quella che viene definita dai generali «guerra infinita», ma delega i sacrifici a una classe di guerrieri professionali, arruolati per le più diverse ragioni, ambizione, far colpo sulle ragazze in ufficio, noia. I soldati combattono una guerra tecnologica, senza eroismi, come fossero anche loro droni telecomandati. Una recluta, Luke, confessa «più che un soldato mi sentivo uno che va in giro travestito ad Halloween da soldato». La guerra è high tech, «neppure devi tirare il grilletto» il fucile «uccide da oltre un miglio» e «sa quel che fare, Puf fa la pallottola, e il fucile vibra dolcemente, come se ti chiamassero al cellulare». 

Il patriottismo è relegato agli applausi che i clienti dei centri commerciali dedicano ai soldati, incitati dal manager dagli amplificatori, la Patria sciupata a Gadget a Saldi di Fine Stagione. Brevi incontri con il nemico è un bel, tenero, libro da leggere per scoprire uno scrittore serio e contemporaneo. L’America, che si appresta ora a digerire Trump, è al tempo stesso peggiore di questi macilenti eroi e anche, però, migliore. Il fascino di queste pagine è lamentare «tutto è perduto», la sensazione vivendo nel dopo Trump è invece che nulla sia perduto, neppure l’onore. 

Saïd Sayrafiezadeh, «Brevi incontri con il nemico», (traduzione di Gioia Guerzoni),  
Codice Edizioni, pp. 256, €18