La nuova lettera rivolta a Gianni Riotta su La Stampa è:

Caro Riotta, dopo la presidenza Bush tanti si entusiasmarono per l’elezione di Obama, Nobel per la pace. Non è però riuscito a passare la Casa Bianca a Clinton, come Reagan con Bush padre, malgrado la presunta debolezza di Trump. Che bilancio fa dell’amministrazione Obama?  

Massimo De Biasi, Genova 

La risposta di Gianni Riotta:

Caro De Biasi, Obama ha rotto la barriera razziale alla Casa Bianca e solo per questo la storia lo ricorderà a lungo: quanto attenderemo un leader non bianco a Londra, Berlino, Parigi, Roma? La riforma sanitaria, l’accordo nucleare con l’Iran, i protocolli contro l’effetto serra a Parigi, l’energia con cui ha contributo alla ripresa dell’economia sono titoli positivi. E gli va dato atto anche di un tono filosofico nobile, di cui nella cacofonia populista sentiremo la mancanza. La sua forte personalità ha spesso, per amici e nemici, offuscato la realtà di Obama, che ha cercato di regolarizzare l’emigrazione, ma ha il record di deportazioni, s’è ritirato con troppa fretta dall’Iraq (avrebbe fatto lo stesso dall’Afghanistan se l’Isis – che aveva sottovalutato – non l’avesse dissuaso), ma ha colpito Osama Bin Laden e con la guerra segreta dei droni seminato vittime nello stato maggiore terrorista. Presto però ha visto dissolversi il sogno di un’America capace di superare le fratture ideologiche. I repubblicani, con la demagogia che ha poi generato Trump, hanno rifiutato il dialogo e il presidente s’è chiuso in se stesso, imponendo ordini dalla Casa Bianca quando poteva o limitandosi a gesti esemplari. Ha smesso di «fare politica», troppo colto e nobile per scendere nel fango della mischia.  

Ma un presidente là deve combattere sempre. Obama, aristocratico e intellettuale, non ha voluto misurarsi con il rozzo Putin, il sanguinario Assad, il duro Erdogan, lo sprezzante Netanyahu, i riottosi europei e alla fine – tranne qualche accordo con i cinesi ma senza intese nel Mar Cinese Meridionale – è finito isolato, nel mondo e a casa. La débâcle in Siria, con la minaccia di un blitz poi rimangiata, ha riaperto la strada ai russi, e la timidezza nel contrastare la guerra informatica del Cremlino durante le elezioni – non voleva essere accusato di parzialità! – potrebbe essere costata le elezioni alla Clinton e ha concesso a Putin il fascino, vero o presunto, di deus ex machina in America. La Storia comincia adesso, caro De Biasi, il processo a Obama. Capi di accusa e argomenti della difesa son questi, per il verdetto ci vorrà tempo e serenità.