«In stracarichi tranvai / accalcandoci insieme… uguali ci rende / un’uguale stanchezza...». I versi malinconici del poeta sovietico Evgenij Evtušenko tornano in mente sul filobus numero 21, che si allontana nel grigio della periferia dell’antica capitale russa, tra pendolari distratti e ragazzi silenziosi. Una delle ultime fermate sfila davanti un edificio mal intonacato, il 55 di via Savushkina. Da fuori la palazzina non dice nulla, una delle case in stile «brutalista» Pcus, eppure è conside... continua la lettura su La Stampa!