L'infiltrazione dei voti della camorra tra gli elettori 5 Stelle a Quarto ha portato a un esame di coscienza doloroso tra i grillini, che sta coinvolgendo i fondatori del movimento, Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, con i loro parlamentari, da Di Maio a Di Battista. Vedremo che conseguenze, politiche e giudiziarie, la vicenda avrà, ma intanto è certo che si tratta della fine di un sogno, l'utopia -un po' velleitaria e ingenua in realtà' che fossero i seguaci di Grillo e Casaleggio ad avere il monopolio della rete. Non è così, e non è mai stato così, ed ecco perché.

Il paradosso di Casaleggio: il vertice pensa e decide , la base può solo ascoltare

L'inanità di proposta e la mancanza di leader seri hanno presto svuotato la forza di Occupy Wall Street

Caro direttore, 
nell'intervista a Serena Danna pubblicata da «la Lettura», Gianroberto Casaleggio, cofondatore con Beppe Grillo del Movimento 5 Stelle, pone alcune cruciali questioni sul nesso politica-democrazia-Rete nel nostro futuro: vale la pena di analizzare la sua visione, perché ogni partito e movimento ha ormai il suo dna nel web. 
Va subito dato atto a Casaleggio che - per un politico italiano - la sua analisi della battaglia online è decisamente matura e consapevole. E se a tratti l'ottimismo eccessivo è giustificato dall'affidarsi, nella bibliografia web del suo Manifesto, a santoni come Rheingold, impressiona invece sentirlo citare il teorico dei network, Barabasi. Perché dai suoi studi - cercare la relazione tra gli eventi, e moltiplicarla tra presente e futuro - ricaviamo strategie di conoscenza precise.

Casaleggio dichiara una serie di verità condivise da osservatori e studiosi. 1) La Rete induce «una centralità del cittadino nella società... la democrazia rappresentativa, per delega, perderà significato». Istituzioni come «il voto segreto» in Parlamento hanno poco senso nell'era della trasparenza e infatti altre democrazie non li usano. 2) Casaleggio vede bene come l'opposizione tra mondo reale e virtuale sia obsoleta, dice «web e realtà sono destinati a fondersi», ed è qui perfino conservatore, visto che, soprattutto tra le nuove generazioni, la fusione è già compiuta. 3) La Rete ampia il respiro delle democrazie perché, secondo Casaleggio, «un progetto politico di Rete deve avere un respiro più ampio che non la sola soluzione di problemi contingenti, vanno ripensate le istituzioni e la società nel medio termine. Tutto cambierà. Il cittadino deve diventare l'istituzione».

È il fenomeno che nel mio libro Il web ci rende liberi?ho definito passaggio dalla società di massa del XX secolo alla società personal del XXI. Prima gli altri leader politici condivideranno questa visione, meglio sarà per il dibattito contemporaneo, ogni elettore, ogni cittadino, vuole ormai sentirsi chiamare in causa come «persona», non «massa».
Qui però la visione di Casaleggio contraddice la pratica politica del suo Movimento 5 Stelle e la comunicazione di Beppe Grillo. Non solo i cittadini non vengono intercettati come «persone» ma, al contrario, sul popolare blog dell'ex attore e sulla rete tv online del movimento, esistono solo due comunità, i 5 Stelle contro tutti gli altri «italiaaaaniiiii».

Se è vero che la Rete rimette i leader in discussione, sempre, come è possibile che lo statuto dei valori e dei poteri all'interno del 5 Stelle non sia mai trasparente? La base può, con candore, citare i Meet Up, le votazioni online, ma Casaleggio ha discusso con acume le manipolazioni del potere centrale sulla Rete, citando grandi aziende e Stati: è evidente che lo stesso meccanismo opera quando Grillo parla, senza domande e con un anchorman che continua ad assentire frenetico per l'intera «intervista», alla tv M5S. La diffusione del messaggio è digitale, la sua confezione analogica, tradizionale, il vertice pensa e decide, la base riceve e ascolta.

È palese nella riflessione di Casaleggio, dopo le recenti sconfitte e diaspore del movimento, il tentativo di dare legittimità teorica e politica a M5S, stemperando le performance eccessive di Grillo. Comprensibile, a patto però di non commettere un errore di prospettiva e di epistemologia che Casaleggio sembra non vedere: non esiste oggi un «porsi fuori» dalla Rete e dalla democrazia diretta del web. Nel suo saggio sulla Fine del potere (Mondadori) l'economista Moisés Naím mostra come ogni istituzione, dall'economia alla politica, subisca l'effetto logorante del controllo dal basso. Nessuno può sottrarsi alla gravità, neppure Newton. Sbaglia Casaleggio a supporre che la «critica rodente» del web risparmi benevola solo lui e Grillo. Le recenti disavventure del movimento ne sono prova.

La critica della delega e della rappresentanza che il web impone alla democrazia, non implica insulti agli avversari, parlamentari che alzano la mano a comando, espulsioni da Pci degli anni duri, cooptazioni dei militanti meno brillanti e più obbedienti. Impone dialogo, ascolto, tolleranza, meno slogan più dibattito. Malgrado il diffuso populismo online, la Rete ci chiama a più, non meno, democrazia. Fa di Camera e Senato luoghi aperti, agorà, non li riduce a bivacco di manipoli telematici e ricevitoria di scontrini e turpiloqui.

In particolare il doppio standard di Casaleggio si riflette sul «programma». Di nuovo, è come se il fondatore di 5 Stelle vedesse sugli altri l'effetto magnetico del web e poi se ne ritenesse, per magia personale, esente. Chiede ai parlamentari di applicare senza dubbi «il programma» e propone addirittura di farli decadere se prendono le distanze. Ma un «programma» scritto nel 2007 andrebbe applicato tetragono nel 2008, dopo la crisi finanziaria? Un programma stilato nel 2000 varrebbe nel 2001 dopo l'11 Settembre? No. Oggi in America si cambia il modo di calcolare l'inflazione, usando Big Data online anziché le tradizionali rilevazioni statistiche, perché le settimane di ritardo del metodo antico danneggiano aziende, azioni delle Banche Centrali, previsioni di Wall Street davanti alla turbo-economia.
Casaleggio propone come modello il movimento Occupy Wall Street, nato nel 2011 grazie al moltiplicatore web, ma non si avvede che l'inanità di proposta e la mancanza di leader seri ne hanno presto svuotato la forza, riducendolo a presenza coreografica sui media, non politica. Il gemello di destra, Tea Party, funziona solo da tagliola per il povero Partito repubblicano, regalando ai democratici insulti e successi alle urne. Con la stessa frenesia con cui la Rete crea idoli li dissolve. Con programmi che non accettano compromessi mai e senza leader il web crea e distrugge. Marx l'aveva previsto poeticamente: «Tutto ciò che è solido si dissolve nell'aria». Un programma serio oggi deve adattarsi alla realtà cangiante a velocità biologica, con algoritmi frenetici. Non per opportunismo, per obiettività: guardate il mondo di sei mesi fa e pensate a Brasile, Turchia, elezioni italiane, la Fed di Bernanke che tira il freno.

Complimenti quindi a Casaleggio per la sua visione di politica digitale: ma non si illuda di vivere nel suo utopico Pianeta Gaia 2054, lui solo, con Grillo, immune dalla nuova realtà. M5S è, come tutti noi, sottoposto alla legge di trasparenza del web, legge dura.

Dal Corriere.it, pubblicato il 26 giugno del 2013