Tre miliardi di telefonate al giorno, senza contare le e-mail: questa la giungla di dati che la National Security Agency e l’amministrazione Barack Obama sono accusate di avere controllato, con il programma segreto Prism. Il presidente sa di avere la legge dalla sua parte, perché – purtroppo - il vecchio testo Foreign Intelligence Surveillance Act, voluto nel 1978 da Ted Kennedy e Jimmy Carter, è stato così stravolto dal Patriot Act, dopo l’attacco alle Torri Gemelle del 2001, da dare alla Casa Bianca perfino un Tribunale segreto che concede permessi di controllo senza contraddittorio.  

La sorpresa politica che un paladino – a parole - della trasparenza come Obama, abbia messo su un gigantesco sistema di controlli, è sorpresa solo per chi non abbia seguito con attenzione la mostruosa macchina con cui la Casa Bianca ha vinto le elezioni 2012, grazie all’analisi Big Data sugli elettori aperta da John Kerry già nel 2004. Raccolti, certo, in modo legale, ma giusto ieri si è scoperto che gli uomini di Obama hanno battuto con un 42% di precisione in più perfino Nate Silver, statistico principe del «New York Times». Chi toglierà di testa ai nemici del presidente, ai Tea Party, al commentatore radio Limbaugh, che la sua campagna elettorale non abbia utilizzato il flusso dei dati, raccolti in apparenza contro il terrorismo, per cercar voti? Nessuno: ma è una posizione ingenua, e se vuole davvero capire cosa sta accadendo, il lettore dovrà fare un passo indietro. 

È sbagliato dire - come fanno tanti in queste ore, per ignoranza o furbizia - che i «dati vengono raccolti». I dati sono già «raccolti» non appena mandiamo una mail, facciamo una telefonata, postiamo su Facebook o Google +. Paolo Vecchi di Omnis Systems ha spiegato a «The Guardian» come la corrente di dati passi da «Content delivery networks», la «colonna vertebrale di Internet». Compagnie come Cisco guidano il traffico e il contenuto non è schermato. Le aziende spiate negano, con linguaggio burocratico, di avere collaborato con Nsa, Eric Schmidt di Google twitta

da @ericschmidt di non avere «una porta posteriore» per dare al governo i dati. È vero, ma Obama non ha bisogno di chiederli, e se lo ha fatto con Google e Facebook, è solo perché l’industria digitale lo ha sempre sostenuto e non vuole irritarla. 

Calcola Lori Andrews, giurista autrice del saggio «I Know Who You Are and I Saw What You Did: Social Networks and the Death of Privacy» che Facebook abbia in media sui propri utenti 1600 pagine di informazioni. In Europa possiamo richiederle, negli Usa non possono.

85% del fatturato, 3,7 miliardi di dollari (circa 3 miliardi di euro) vengono prodotti analizzando dati che volontariamente i cittadini affidano a Facebook, Google fattura dieci volte tanto grazie a dati da ricerche e Gmail. 

Obama si schermisce: se vi sta bene che le aziende si arricchiscano sui vostri dati, non ve la prendete poi se Nsa li guarda per proteggervi dai terroristi, tanto più che non ascoltiamo le vostre telefonate e seguiamo stranieri, non americani. Un sondaggio «Cnn» prova che l’opinione pubblica è spaccata e, per esempio, l’ex direttore di «The New Republic», oggi blogger, Andrew Sullivan suggerisce prudenza: bilanciare privacy e anti-terrorismo. 

Prima di gridare al Grande Fratello, dunque, ricordate che se il programma Prism si vanta di controllare «email, chat in video e voce, filmati, foto, documenti di archivio, VoIP (chiamate via web), trasferimento file, teleconferenze, analisi dei social media» quei dati sono «già» archiviati e studiati online. A ridimensionare orgoglio dell’intelligence e paure dei difensori della privacy, guardate al budget di Prism, 20 milioni di dollari appena (15 milioni e mezzo di euro). Per quella cifra, gli studiosi di Big Data lo sanno, controllare «ogni» telefonata Usa, «ogni» mail, è illusione. «The Guardian», uno dei giornali dello scoop con «Washington Post» e «Wall Street Journal», calcola che Twitter generi 5 terabyte di dati al giorno (unità di misura dell’informazione digitale, per esempio l’Enciclopedia Wikipedia supera 9 terabyte solo nel 2011): se la compagnia Topsy spende 6 milioni di dollari l’anno per archiviare i tweet, con 20 e la rete tutta non si va lontano.  

Quali sono le prime morali del caso Prism? 1) I dati sono campo di battaglia del futuro, in economia e in politica, chi li controlla e meglio analizza ha vantaggio strategico, su rivali e concorrenti. 2) Obama, a lungo giudicato un libertario filo privacy, è presidente che punta su intelligence e sicurezza, quanto George W. Bush. 3) Nel XX secolo era decisivo il copyright sui contenuti, nei media, in politica, nel lavoro di polizia e intelligence, contava «chi» sapeva «che cosa» e chi più sapeva meglio resisteva, vedi Guerra Fredda. 4) Oggi il vantaggio va a chi meglio analizza il flusso dell’informazione sulla rete, studiandone i nodi e i flussi. 

Sono le ultime parole scritte da Italo Calvino prima di morire: la rete è il sapere del futuro, il sapere e il potere.