“Quando arrivano i momenti difficili con i leader politici - confida il dottor Anthony Fauci, direttore del NIAID, l’Istituto americano malattie infettive - mi rivolgo al mio classico libro di filosofia”. Guardando ogni giorno, nel vivo della pandemia coronavirus Usa, oltre 60.000 morti, 25% dei casi mondiali con il 5% della popolazione, economia ferma, 30 milioni di disoccupati, fosse comuni e salme di esseri umani abbandonate nei camion a puzzare come carogne di animali a Brooklyn, i briefing del presidente Trump, con accanto l’impassibile dottore italo americano, originario di Sciacca in Sicilia, vi viene da riflettere su chi sia il filosofo cui si riferisce. Via via Trump ha negato che il virus sia un pericolo; assicurato che a Pasqua le chiese saranno strapiene, il paese ruggisce per ripartire; attaccato Obama, suggerendo che magari una siringata di varechina in vena potesse essere una buona idea prima del vaccino; mandato un tweet di simpatia ai miliziani del gruppo Qanon che, in armi da guerra, irrompono nel parlamento del Michigan, con i deputati costretti a indossare il giubbotto antiproiettile in Kevlar e infine sostenuto che Covid-19 è prodotto in laboratorio dai cinesi, a Wuhan dove se no? Subito, la rete tv di destra Fox News e il network della disinformazione digitale additano nella dottoressa Shi Zhengli la fosca mente delle provette militari dietro la tragedia.

In questo clima rovente, a 79 anni, il quieto dottore italiano che ha fronteggiato via via le stragi di Aids, Sars, influenza aviaria, peste suina, Zika e Ebola, servendo dal 1984 Reagan, Bush padre, Clinton, Bush figlio, Obama e ora il focoso Trump, senza mai perdere l’aplomb da dottore di famiglia a quale gigante del pensiero potrebbe rivolgersi? A Sant’Ignazio, Teilhard de Chardin, papa Francesco, classici teologi dell’Ordine dei Gesuiti nel cui liceo Regis si formò da ragazzo, quattro anni di greco e quattro di latino, per poi avviarsi al college della Compagnia, Holy Cross? Mi spiace per gli amici di “Civiltà Cattolica”, ma no, alla rivista “The New Yorker” Fauci confida “È “Il Padrino”, la filosofia che serve con i potenti, la celebre citazione “Nulla di personale, solo business”” e così il capolavoro di altri due italiani d’America, il romanziere Mario Puzo e il regista Francis Ford Coppola, entra nella battaglia culturale della pandemia.

“Nulla di personale, solo business” e il business di Fauci è salvare vite, spiegare ai governatori del Sud repubblicano, ansiosi di riaprire le attività, che non ci sono test, malgrado il vicepresidente Pence ne abbia promesso 27 milioni ne sono arrivati soli 6,2 milioni, che il vaccino avrà data 2021, o forse 2022 o 2030 magari, secondo il New York Times, e il peggio potrebbe dunque ancora venire. “Devi entrare ogni giorno alla Casa Bianca come fosse l’ultimo, se ti schieri per convenienza nessuno ti ascolterà”, suggerì al giovane dottorino Tony Fauci un vecchio consigliere, cresciuto alla scuola formidabile del presidente Nixon, e qui sì che la scuola dei gesuiti aiuta lo scienziato, insegnandogli a parlare ogni giorno al più imprevedibile leader della storia americana, senza alienarlo, senza irritarne la vanità finendo subito nello sterminato elenco dei licenziati a Washington, dal gennaio 2016 a oggi.

La pandemia è una tragedia americana, del potere, della scienza, della gente comune. Il paese, nel mezzo di una titanica campagna elettorale tra il presidente repubblicano e lo sfidante democratico, il vecchio ex vicepresidente Joe Biden, è costretto ogni giorno a un esame di coscienza che non finirà con il voto di novembre e neppure con l’ultima vittima del virus. Che paese essere nel XXI secolo? Come affrontare il ruolo di superpotenza nel nuovo mondo? L’America di Bill Gates, filantropo fondatore di Microsoft che sponsorizza sette laboratori per il vaccino, conscio che “forse solo un paio funzioneranno”? L’America delle infermiere tornate indietro dalla pensione per assistere gli agonizzanti o della commessa del supermercato miliardario Whole Foods, pagata 7 dollari l’ora, che aiuta la vecchietta con la borsa della spesa troppo ingombrante sulla scala mobile? L’America della dimostrante contro le misure antivirus che, in Illinois, volto celato dietro una mascherina con Old Glory, la bandiera a stelle e strisce, orgogliosa innalza la frase mostruosa del lager di Auschwitz, “Arbeit Macht Frei”, il lavoro vi renderà liberi? L’America dei senatori che, apprese in anteprima le notizie del lockdown, giocano a Wall Street arricchendosi ai danni dei loro elettori?

Sono questi giorni di gloria per le firme dell’antiamericanismo d’Europa, gongolanti davanti ai 27 milioni di americani senza assicurazione medica, il sistema sanitario privato da 760 miliardi l’anno, il più ricco al mondo, incapace di soccorrere tutti i malati, spaccato tra ospedali d’avanguardia e corsie rurali che si affannano per recuperare tute e mascherine, con un quartiere di Brooklyn che manda i medici alle visite con addosso le tute antiradiazioni atomiche, goffe e pesanti, che un benefattore ha inviato dal lontano Colorado.

Il diario che comincio oggi qui per voi, e ringrazio il direttore Mattia Feltri e gli amici della redazione, vi racconterà invece delle due Americhe senza gioire delle sconfitte e senza esultare per le vittorie, facendo la cronaca del grande bene che questo paese ha prodotto nella storia e dei terribili mali che ha affrontato. Se gli Stati Uniti cedessero a quello che lo studioso Richard Hofstadter definì nel 1964, nel suo classico saggio sulla rivista Harper’s “The Paranoid Style in American Politics”, protezionismo, militarismo, ingiustizia sociale, non sarebbe solo una disgrazia per questa nazione, ma un pericolo per tutto il mondo, con l’Europa priva di difesa militare comune, e a sua volta innervata da populismi, sola davanti all’autoritarismo del presidente cinese Xi Jinping e alle trame del presidente russo Vladimir Putin. Un mondo dove la profezia lanciata nel 2015 sul periodico The Atlantic dal professore di Harvard Graham Allison potrebbe avverarsi: “la trappola di Tucidide”, guerra inevitabile tra le due potenze ostili, ieri Atene e Sparta, oggi Usa e Cina, questo è il pericolo cui scampare con dialogo, diplomazia, riforme e strategie economiche e militari responsabili.

Ne saranno capaci gli americani, o la saggezza di Tony Fauci, scolaro dai gesuiti temprato dal “Padrino”, sarà travolta dalla furia dei Proud Boys, i miliziani bianchi armati, con leader alla Phil Robinson, che si presenta come “Odinson”, figlio dell’antico dio nordico Odino, in piazza con le armi e sul web, certi del complotto-virus creato per vietare i fucili da guerra, rinchiudere in casa i patrioti e impoverire il paese fino alla fame?

Ogni giorno, in tv e sui giornali, il guru di turno ci spiega come sarà il mondo a venire, chi prevede corrucciato, vedi Gideon Rachman del Financial Times, che incombe la stagione dei dittatori, chi invece, come l’architetto Stefano Boeri, sicuro che vivremo l’Era di Giulebbe, basta città nevrotiche, solo natii borghi selvaggi a nutrirci di organiche insalatine tra uno zoom, uno skype, un webex online.

Non ascoltateli troppo i guru, ne sanno poco di futuro, come me e noi tutti del resto. Quel che posso dirvi è che la sfida tra Bene possibile e Male possibile data in America dal 1776, quando si moriva ancora di vaiolo. E che, se dovessi scommettere sul tavolo verde della Storia, dove grandi capitali, ben più preziosi dei miei, sono andati perduti davanti al duro croupier della Realtà, vi direi come la studiosa Kori Schake, del think tank American Enterprise Institute: “Malgrado i colossali fallimenti del governo degli Stati Uniti quest’anno, il paese potrebbe emergere dalla terribile pandemia in una posizione internazionale migliore, non solo perché gli altri paesi stanno facendo i loro errori, ma anche per il modo originale in cui la nostra nazione e la nostra società sono organizzate. Noi siamo uniti abbastanza per creare ed esercitare un’egemonia globale, ma non abbastanza perché, in una crisi, un leader incompetente, o malvagio, possa guidare l’intera America alla rovina”.