Alla fine il temuto Circo America non c’è stato, Hillary Clinton e Donald Trump, la strana coppia con la prima donna ex First Lady democratica e il primo magnate populista repubblicano, hanno tenuto un dibattito per la Casa Bianca tutto sommato senza eccessi. I primi sondaggi e i focus group, dalla tv progressista Cnn al pollster repubblicano Frank Luntz, assegnano il favore di pubblico alla Clinton, con Trump apparso freddo e restio, ma queste rilevazioni, unite al clamore dei media tifosi di Hillary, non sono definitive. Nel 2004 l’elegante democratico Kerry prevalse nei dibattiti sul rigido presidente Bush figlio, e venne sconfitto a novembre, nel 2012 il suadente Romney mise ko nel primo dibattito un deconcentrato Obama, solo per perdere poi al voto. 

Trump sconta il dilemma strategico, che lo ha portato a cambiare per due volte la squadra di consiglieri: se «fa il Trump», si scatena, eccede, imbizzarrisce in battute grevi su sesso e razza, la sua base si scalda, gli astenuti ascoltano e guadagna consensi. Se si comporta «da presidente», «posso chiamarla Signora Segretario di Stato?» ha chiesto cortese a Hillary, se argomenta da politico tradizionale, emergono la sua impreparazione sui temi e il carattere irruento, mal tenuto a freno tra sbuffi, forse dovuti al raffreddore, e sorsate d’acqua. I social media rivelarono la stessa sindrome in Italia nel 2014 quando Beppe Grillo, fondatore 5 Stelle, concesse un’intervista classica a Bruno Vespa, scambiando perfino l’high five con il conduttore, una prova di stile per l’ex comico che la base bellicosa non gradì alle urne delle Europee.

Clinton è partita male, spaventata, il moderatore Lester Holt, intimidito alla vigilia dalle opposte macchine di propaganda, ha lasciato che Trump la interrompesse senza sosta, (51 volte in 90 minuti, e ci lamentiamo dei dibattiti italiani…), e sul tema del commercio internazionale, il trattato Nafta che i maschi bianchi, base di Trump, accusano di rubare posti agli operai, è stata in difficoltà. «Tutto colpa mia?» ha esclamato alle corde, e Trump le è saltato addosso «Perché no?». 

Ma quando si è parlato di terrorismo, Isis, politica estera, essere o no pronti alla Casa Bianca, donne, neri, ispanici, è venuta fuori la vecchia combattente Hillary, che ha tenuto testa alla bufera mediatica sui tradimenti del marito Bill e per undici ore, in diretta tv, ha controbattuto alle domande feroci della Commissione parlamentare sulla strage di Bengasi. Una Hillary secchiona, che non incanta, non fa scendere in piazza i fan, ma rassicura un paese spaccato a metà. Lì Trump, per la prima volta, si è visto quasi spaventato dal successo, aveva cominciato la campagna 2016 per gioco, come altre volte, e si è trovato davanti la presidenza, lontano solo 1,3% nei sondaggi dalla vittoria. L’audience dei network è calcolata in 31,2%, man mano che affluiscono i dati dalle reti via cavo e streaming si potrebbe superare il record degli 80 milioni di Carter-Reagan 1980. 

A Trump restano i sondaggi online, che danno a lui il successo. Diventeranno voti i «like» televisivi per Hillary? Trump deciderà di far saltare il tavolo e tornerà «Trump», provocando Hillary sull’adulterio di Bill, sulla malattia, i compari di Wall Street? Possibile, come pure possibile che il candidato repubblicano - con il partito ormai schierato a tappeto, salvo un pugno di intellettuali, leader, ex diplomatici - si accontenti dell’insperata nomination, e si lasci sconfiggere da «statista», per spendere quindi, nel brand e in tv, la fama globale acquisita.

Hillary Clinton vede premiata la sua, rischiosissima, strategia, consolidare la base del marito e di Obama, cancellare i dubbi sulla salute, coccolare i radicali di sinistra cari al senatore Sanders, chiedere scusa per lo scandalo mail segrete, non alzare i toni, sperando di essere eletta solo perché «non è Trump». Ce la farà? Può darsi, Trump potrebbe avere raccolto il massimo del consenso e, senza exploit rabbiosi, declinare. Ma il rancore per l’economia e lo status perduti nel paese che ha animato le crociate di Trump a destra e Sanders a sinistra, non è sedato, brucia sotto la cenere tv in America. Hillary può vincere le elezioni contro questo movimento ostile, ma se pensasse di governare ignorandolo, come ha fatto Obama, aprirà una stagione aspra per il partito democratico.