"Caro Riotta, volevo ringraziarla per il bellissimo articolo di domenica «Quelle strette di mano che hanno cambiato la Storia»; è stato un piacere leggerlo e sarebbe stato bello avere un’immagine per ogni stretta di mano descritta! Ricordo ancora quando seguii l’incontro Rabin-Arafat-Clinton: rammento esattamente il luogo in cui mi trovavo e la forte emozione provata. Certi avvenimenti lasciano in noi una traccia così profonda che ancora dopo anni e anni uno sa esattamente cosa stava facendo in quel preciso istante. Un altro di questi amarcord indelebili (credo per un grandissimo numero di persone) fu l’attacco alle Torri Gemelle.  

Quanto è triste, però, concludere che molte di queste «strette» non hanno poi affatto cambiato il mondo, e in questo senso il titolo del suo articolo è ingannevole. Quello che penso è che forse noi, gente comune, attribuiamo un grande valore allo stringersi la mano, un patto d’onore irrevocabile e immodificabile. Ma forse «loro», i potenti, i grandi, hanno una percezione ben diversa dalla nostra... quasi fosse una «routine di stato». Grazie per i suoi numerosi articoli che leggiamo con grande piacere!"

Barbara Beneyton Pavesio

Cara Signora, nella biografia del diplomatico americano George Kennan (non credo ancora tradotta in italiano) lo storico John Lewis Gaddis ricorda le tensioni tra Kennan, autore della strategia di «contenere» l’Urss senza guerra nucleare, con l’allora ambasciatore Usa a Mosca e influente amico del presidente Roosevelt, Averell Harriman. Guardandoli discutere animatamente sulla giusta strada da prendere - Usa e Urss erano alleati in guerra contro Hitler - il filosofo e diplomatico inglese Isaiah Berlin commenta arguto: «Averell crede nelle trattative, George nei principi, due cose che non si possono mai riconciliare».  

La stretta di mano è dunque solo un punto, il segno di punteggiatura che chiude il contratto tra due contraenti, senza eliminarne d’incanto diffidenza e rivalità. Vedremo dunque tra Cuba e Usa quanto «principi» e «trattative» si concilieranno nel prossimo futuro. Grazie per le sue parole, le stringo la mano, ma nel suo senso affettuoso, non in quello, algido, dei potenti.