Provate a cercare su Google le parole “scintilla” e “arciduca”. Vi compariranno circa 75 mila risultati, quasi tutti collegati ad un evento ben preciso: l’assassinio di Francesco Ferdinando e della moglie a Sarajevo, il 28 giugno 1914. Un evento del quale ricorre proprio quest’anno il centenario, e che ha giudizio di molti è stato un momento di svolta per tutta la storia successiva. Fu infatti la scintilla, come veniva chiamato nei sussidiari di un tempo, che diede fuoco alle polveri della Prima guerra mondiale.

Ma chi era Francesco Ferdinando, per fare scendere in guerra con il suo assassinio decine di paesi?
Era l’erede al trono dell’Impero Austro-ungarico, uno degli stati più vasti del vecchio continente, tanto da inglobare nazioni tra loro diverse e che nutrivano velleità indipendentistiche rispetto al governo centrale.
Membro della famiglia d’Asburgo e figlio di uno dei fratelli minori del celebre imperatore Francesco Giuseppe, per la mancanza di eredi di quest’ultimo era stato designato come futuro imperatore e ricopriva il titolo di arciduca. Una figura controversa, indicata da parte della storiografia come esempio di politico poco aperto e conservatore, mentre altri studi più recenti cercano di evidenziarne le tendenze liberali e riformatrici.

L’arciduca si trovava a Sarajevo insieme alla moglie Sofia, per la commemorazione del giorno di San Vito, in serbo “Vidovdan”. Una data particolarmente cara ai patrioti serbi per il ricordo della vittoria in una battaglia contro gli ottomani nel XIV sec.
Un gruppo di giovani nazionalisti serbi approfittò dell’occasione per organizzare lo strano attentato che portò alla morte della coppia reale. Strano, perché a causa di una serie di circostanze fallirono diversi tentativi, prima che due colpi di pistola raggiungessero l’arciduca e sua moglie mentre sfilavano in corteo a bordo della loro automobile.

A sparare era stato Gavrilo Princip, giovane nazionalista serbo che aveva organizzato l’attentato insieme ad altri rivoluzionari. Si può dire che la famosa "scintilla" porti proprio il suo nome, un nome che i serbi venerano come quello di un eroe nazionale, mentre per gli austriaci era sinonimo di terrorista.

Sono trascorsi esattamente cento anni da quell’attentato che diede un nuovo corso al ‘900 da poco iniziato. Cento anni dopo quella scintilla re e presidenti nelle cerimonie ufficiali, tanti di noi in famiglia guardando la foto sbiadita di un nonno o bisnonno caduto sul Carso o sull'Isonzo, ricordiamo come gli errori politici diventino morte. Nel 1914 e nel 2014.