Nella crisi economica che tutti ci affligge dal 2007 le sigle si sprecano. Brics, che suona come mattoni in inglese, indica i Paesi che crescono, i nuovi ricchi, Brasile, Russia, India, Cina. Next 11, indica quelli che li inseguono, dalla Corea ai Paesi africani.

Efsf una delle tante diavolerie escogitate, con mediocri risultati finora, per salvare l’euro. La peggiore delle sigle, la più sleale e negativa, resta però Pigs, che indica i Paesi del debito nell’Europa meridionale, Portogallo, Italia (solo per un breve periodo sostituita dall’Irlanda), Grecia e Spagna, ma che di nuovo, nell’inglese dialetto di Wall Street, della City e della finanza tutta, significa Porci. A indicare disprezzo non per un modello economico, un bilancio in rosso, una classe dirigente insufficiente: no, Pigs condanna un popolo intero.

Adesso però nel calcio alle semifinali dell’Europeo, che è il campionato più competitivo del pianeta football, sono arrivate subito due Pigs, il Portogallo e la Spagna: la Grecia ha messo paura alla Germania, ha sognato per 5 minuti che le semifinali fossero tutte del debito, da una parte la penisola iberica, dall’altra i due vecchi Paesi del mondo classico, l’Italia di Roma e la Grecia di Atene. A mettersi in mezzo la Germania, che piazzandosi di traverso ha voluto ribadire che tocca a lei, ex regina del marco, la chiave di volta contro il debito. Esultando in tribuna di ritorno dal quadrangolare di Roma con Monti, Rajoy e Hollande la signora Merkel, in una giacchetta verde antipatia come i titoli dei giornali populisti alla «Bild», ha segnalato al mondo che Berlino si opporrà anche nel calcio alle cicale. Dimentica del verso di Garcia Lorca, «cigarra dichosa tu…», cicala beata te…

Toccava ieri all’Italia e all’Inghilterra concludere la metafora economica di un Europeo che ne offre una ad ogni match. Chi avrebbe affrontato l’arcigna Germania, dentro e fuori campo? L’Inghilterra della City, guidata dal raffinato coach Roy Hodgson che sembra più a suo agio con bombetta e «Financial Times» sotto braccio che in panchina? O l’Italia di campioni vecchi e incerottati, di ragazzi un po’ bislacchi, Buffon e Pirlo, Cassano e Balotelli? Il calcio non vuole rinunciare alle sue metafore, in piena crisi.

E per tutti i 120 minuti di partita, la classica Italia-Inghilterra, due modelli di gioco e di cultura hanno duellato. Ma a difendersi con un catenaccio affannoso, qualcosa che avrebbe reso fiero il Padova di Rocco e fatto sognare il cronista veterano Gianni Brera, erano gli inglesi, palla lunga e 9 uomini in area. Formiche. L’Italia attaccava con fantasia e forza, creava occasioni su occasioni, coglieva due pali, strameritava il credito, ma non lo trovava, come una Pmi, una Piccola e media impresa del football cui la Banca della Fortuna nega un finanziamento pur meritato.

Si andava così ai calci di rigore, i catenacciari della City contro gli attaccanti di un Paese con Pil e debito a inseguirsi. Da settimane i titolisti giocano su rigore del campo e rigore in economia, ma ogni loro metafora è finita sui piedi di Diamanti, giocatore senza la fama di Rooney o di Buffon, una qualche aura da playboy e sprecone, una carriera quasi buttata al vento, insomma una cicala tra le cicale. Dagli spalti i tifosi inglesi cantavano «God save the Queen», ma Diamanti deve essersi ricordato di essere ormai un cittadino del Paese governato dal rigore del professor Monti e ha segnato. Siamo noi, la I dei Pigs la terza semifinalista e tocca a noi contrastare l’onnipotente Valchiria del campo, dello spread, dell’export, dei no ripetuti a ogni summit.

Lo spread ci condanna anche all’Europeo, i tedeschi sono pronti a imporre la bilancia di pagamento dei loro gol, il credito di esportazione delle loro azioni, la perfezione della loro tecnologia umana. Ma ieri sera il calcio, metafora sempre perfetta della vita nella sua imprevedibilità, ci ha fatto vedere di cosa sono capaci gli italiani, un italiano «medio» come Diamanti, quando hanno le spalle al muro. Forza Azzurri: e ricordatevi che, fuor di metafora, e guardando ai numeri così cari ai tedeschi, la Germania non ha mai battuto l’Italia in una partita con dei punti in palio. Teniamo dalla nostra parte quello spread magico e poi riprendiamoci la Coppa che ci manca dal 1968.