Il target degli utenti dei social network di oggi (Facebook e Twitter in primis) si sta ampliando, raggiungendo parti della popolazione un tempo occupate in ben altre attività. È infatti sempre più facile trovare ragazzini che navigano sul web con una familiarità che appare a molti di noi decisamente impressionante (si parla non a caso di digital natives). Questo ingresso (prematuro?) nel mondo del web molte volte supera ogni legge atta a tutelare la privacy - ma non solo - dei più giovani (per iscriversi su Facebook e Twitter l’età minima è ora fissata a 13 anni).

Uno dei fenomeni che già da alcuni anni si sta diffondendo tra i più giovani è rappresentato dalla registrazione di video (poi pubblicati su YouTube) che hanno l’unico scopo di difendere i propri beniamini. L’esempio più emblematico è dato dalla guerra - ancora in corso - tra i Directioners (i fan degli One Direction) e i Beliebers (il seguito di Justin Bieber). Ma potremmo citarne molti altri esempi. 

Se si dà un’occhiata su YouTube, si potrà scoprire un mondo a molti sicuramente sconosciuto. Tantissimi ragazzini che, chiusi nelle loro camerette, cliccano su “Record” e pubblicano video per difendere i propri teen-idol. Fino a qui poco di scandaloso. Il problema della questione sta nel contenuto di queste registrazioni: la difesa del proprio beniamino si tramuta in una catena infinita di insulti, accuse e pesanti forme di bullismo. I ragazzini - si sa - non hanno peli sulla lingua, ma quando uno dei loro discorsi entra nel web, diventa di dominio pubblico, e la loro privacy è messa a rischio. Così, nasce la tradizione dei cosiddetti “video di risposta”. E tutto questo sembra diventare un fiume in piena.

Per un utilizzo intelligente (e più rispettoso) del web è necessaria prima di tutto un’educazione. La questione non sta tanto nel fatto che questi ragazzini faticano a trovare il rispetto per i propri compagni: da sempre, la scuola è (o dovrebbe essere) in questo un aiuto primario e una continua provocazione personale rivolta ad ogni studente. Non scandalizza, quindi, la loro cosiddetta sfacciataggine. 

Ma le caratteristiche della rete (prima su tutte la diffusione rapida dei contenuti) chiedono un accompagnamento continuo, e molte iniziative delle istituzioni nelle scuole seguono proprio questo scopo di metodo. La speranza, in questa epoca così “personale”, è che dalla porta della cameretta dei ragazzini (sempre ben visibile in tutti i video di cui abbiamo parlato) entri finalmente qualcuno. Che, in sostanza, li faccia sentire meno soli. 

La canzone “Non insegnate ai bambini”, scritta da Giorgio Gaber e uscita nel 2003 spiega esattamente questo e diventa - anche senza che lo stesso Gaber lo volesse - un manifesto per l’educazione insita nel ruolo di ogni genitore: “Non esaltate il talento che è sempre più spento, non li avviate al bel canto, al teatro, alla danza. Ma se proprio volete, raccontategli il sogno di un’antica speranza”.