La calda estate del presidente Trump ha temperature da colpo di sole. Ieri suo genero Jared Kushner, il più fidato consigliere, ha smentito davanti alla Commissione del Senato - in seduta chiusa - di aver tramato con i russi per inquinare le elezioni Usa, oggi va sulla graticola alla Camera. Il leader repubblicano del Senato, l’astuto Mitch McConnell, conta i voti per abbattere la riforma sanitaria di Obama, spauracchio della destra. Sulla carta parte da 52 a 48 voti, ma il leggendario McCain è ammalato e almeno tre repubblicani sono contrari al progetto del partito. McConnell studia il regolamento, potrebbe chiedere il voto a sorpresa: se passa sarà un eroe, se perde Trump lo manda alla gogna twitter. Potrebbe optare per tagliare pian piano i fondi, ma la burocrazia di Washington stima tra i 22 e i 35 milioni il numero di americani che perderebbero l’assistenza. La metà vota repubblicano e i loro parlamentari sono spaventati. 

Trump doveva parlare ieri a 40.000 boy scout, ed era incerto se attaccare ancora, il suo nuovo portavoce, il banchiere Anthony Scaramucci (che lo definiva «degno di governare solo il rione di Queens» in cui entrambi sono nati a New York) consiglia prudenza. La Borsa perde colpi, il dollaro non torna «grande» e si fa piccino contro l’euro, il Congresso si appresta a punire Putin con nuove sanzioni per la cyberguerra elettorale. Trump voleva affossarle, ma dovrà ingoiarle, mentre da Bruxelles il presidente europeo Juncker minaccia ritorsioni, le sanzioni danneggiano anche aziende tedesche, vedi gasdotto Nord Stream 2. Altre possibili misure contro Iran e Nord Corea creeranno attriti imprevedibili. 

Il presidente sembra paralizzato. Kushner nega gli addebiti, ma l’inchiesta del commissario speciale Robert Mueller, ex capo Fbi, incalza. Trump insiste che deve limitarsi solo all’ingerenza del Cremlino sul voto, Mueller indaga a tutto campo, e potrebbe cercare i contratti che Trump ha firmato con oligarchi della corte di Putin. Tutte le tasse pagate, le sanzioni rispettate, i fondi affluiti in modo regolare? Il dubbio innervosisce la Casa Bianca, mentre la Borsa attende invano il piano di opere pubbliche e i tagli fiscali promessi. 

Nessun presidente della storia recente, la prima estate, ha avuto un consenso così anemico come Trump, sondaggi da 36 a 38%, ma la base repubblicana tiene duro, quanto basta perché il Congresso resti guardingo, mentre i democratici cercano un leader e un manifesto (ieri hanno presentato una piattaforma economica di rilancio, per ora destinata ai talk show). Trump sa di essere alle corde. Ha chiesto lumi sul potere di grazia presidenziale (può concederlo anche «in bianco», preventivo, tutelando per esempio Kushner da Mueller) e ha studiato perfino la possibilità di «autograziarsi», perdonandosi da solo come neppure Nixon osò fare. Un consigliere ultras gli propone le dimissioni a tempo, via XXV emendamento alla Costituzione, la grazia elargita dal presidente pro tempore, il vicepresidente Pence, e poi il ritorno di Trump al potere, aggirato Mueller, a gestire le vendette. 

Sfasciare la tradizione istituzionale di due secoli non è però facile, Corte Suprema e Congresso, repubblicani inclusi, potrebbero infine dire basta. Con il presidente furioso nel suo labirinto, Putin alza la pressione, la Cina allarga l’egemonia in Asia, la Turchia si allontana dalla Nato con i generali di Erdogan ora pro Mosca, l’Europa - bene o male - prova a far da sola, l’economia cigola, gli arabi sono in guerra civile, Isis avrebbe in mano cobalto 60 radioattivo trafugato a Mosul, Gerusalemme e Gaza ribollono. L’America sembra scomparsa e neppure a Trump, genio dei new media, bastano i 140 caratteri di twitter per riunirla.