La nuova domanda di Judy Dempsey agli esperti di politica estera e sicurezza internazionale è: "L'Italia è il tallone d'Achille dell'Europa?"

La risposta di Gianni Riotta

L’Italia è uno stato formato da regioni, come è sempre stato. Ci sono aree del Nord Italia che crescono a ritmi superiori rispetto a quelli tedeschi. Ci sono città del Sud Italia in condizioni peggiori di quelle greche. I treni ad alta velocità che vanno da Napoli a Milano sono più veloci di quelli che vanno da Monaco a Berlino. Tuttavia, nella mia nativa Sicilia, il viaggio in treno può essere sonnacchioso come quelli del romanzo di Garcia Marquez.

Il più grosso problema dell’Italia non è il suo terribile debito pubblico, accumulato tra gli anni settanta e gli anni ottanta da una rapace classe dirigente. Il vero male dell’Italia è la diffusa avversione all’innovazione, la languida nostalgia per la dolce vita, per l’orario lavorativo dalle 9 alle 17, per la pensione a 55 anni, per l’avere tutto e con stile. Gli italiani si lamentano ma poi rifiutano le riforme, sia che vengano da destra, sia che vengano da sinistra.

Quindi, l’Italia è un paese fallito? Riusciranno i populisti della Lega Nord o quelli del Movimento Cinque Stelle a vincere le prossime elezioni politiche, umiliando l’ex Primo Ministro Matteo Renzi, e lastricando la strada per l’uscita dall’eurozona e dall’Unione Europea? Non scommetteteci. Per tradizione, gli italiani si lamentano fino alla morte ma all’ultimo passo tornano al loro antico buon senso. Il debito privato è basso, le famiglie risparmiano e gestiscono un loro sistema di welfare, e le migliori aziende competono ed esportano nel mondo globalizzato. Perciò, come disse il giocatore di baseball statunitense Yogi Berra, “Non è finita fino a che non è finita.”

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